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Parte Seconda — Alta Italia
resistenza per l'ingrossare continuo del nemico rigurgitante da tutte le valli del vicino Tirolo tedesco, quei prodi, anziché cedere le armi al nemico, passarono profughi per la valle di Santa Maria sul territorio svizzero. Nello stesso tempo una grossa colonna di Bergamaschi e di Bresciani, circa 6000, che sotto il comando di Camozzi e di Orti-fini aveva tenuto lungamente testa alla invasione austriaca in quelle valli, passata in Valtellina, abbandonando per via, alla Madonna di Tirano, le armi, rifugiavansi in Isvizzera per la valle di Poschiavo.
Venuto finalmente il 1859, l'anno della liberazione, ai primi rumori di guerra la Valtellina è in anni. Compagnie di giovani valtellinesi, armati delle loro carabine, si danno alla montagna per impedire di nuovo agli Austriaci i passi dello Stelvio e del Tonale, ed il 14 gnigno gli Austriaci, che avevano valicato quel primo passo alpino, furono respinti al disopra di Bormio da una colonna di Valtellinesi, comandati da un Bucini di Tirano, e tennero inviolati i passi fino al giungere di Garibaldi coi Cacciatori delle Alpi, che respinsero gli Austriaci al di là del contine, battendoli a Tirano, a Ponte del Diavolo, a Bormio — e portando gli avamposti loro allo Stelvio ed al Tonale — ove Garibaldi, meditante l'invasione del Trentino, con certezza assoluta di vittoria, fu trattenuto dall'armistizio di Villafranca. La Valtellina restò quindi per tali vicende incorporata al Regno d'Italia diventandone, amministrativamente, una delle 69 provincie: condizione che per altro ebbe anche sotto la dominazione austriaca.
1 reggimenti ai quali la Valtellina, nelle molte vicende della sua vita storica, dovette • sottostare, sebbene varii nelle forme, ebbero però sempre un certo fondamento di autonomia, alla quale questa regione estrema del territorio italiano pare da natura sì ben designata. Dal medioevo in poi, fino cioè alla Rivoluzione francese, la Valtellina si considerò sempre amministrativamente divisa in tre parti: il contado di Chiavenna ; la Valtellina propriamente detta, comprendente la bassa valico terziero inferiore di Morbegno, Sondrio, Tirano ed il contado di Bormio.
I contadi di Bormio e di Chiavenna si ressero, amministrativamente, quasi sempre indipendenti dal rimanente della valle, con statuti propri! e proprii magistrati. Il terziero inferiore, suddiviso nelle quadre di Morbegno, Urano, Teglio, Traona, con Sondrio capoluogo, aveva statuti speciali ed un Consiglio proprio. Nel 1531 vennero fuse insieme le varie giurisdizioni e gli statuti generali così ottenuti vennero, due anni dopo, accettati anche dalle Comunità della quadra di Teglio. Nel 1549 gli statuti generali della Valtellina furono ancora riformati e tradotti in volgare, ed iu tal guisa ebbero applicazione più o meno efficace sino alla fine del secolo scorso. La Valtellina aveva, in base a tali statuti, per ranuniiiistrazione interna, un Consiglio generale della valle e un cancelliere di valle. I Comuni, costituitisi intorno al secolo XI, avevano, per i loro proprii affari, un Consiglio dì consoli o decani ed un loro proprio cancelliere.
I varii signori, Visconti e Sforza, che dal secolo XIV sino al secolo XVI tennero la signoria della Valtellina, vi mandavano a rappresentarli un governatore, assistito da vicari e da podestà nei luoghi principali. Durante la dominazione dei Grigioni l'autorità di questi era rappresentata da un governatore elettivo, nominato dal Consiglio generale delle Tre Leghe, sopra la terna proposta dalle Comunità di quella Lega alla quale per turno spettava la scelta. Questo appunto fu uno dei guai maggiori della dominazione grigionese in Valtellina. Coloro che aspiravano ali ufficio, ben rimunerativo, di governatore in Valtellina, brigavano per cattivarsi i voti dei compaesani, e sovente li comperavano anche a danaro sonante. Per compensarsi ad usura delle spese che la loro nomina importava dovevano taglieggiare sulle popolazioni affidate al loro governo e sovente manomettere, anche la giustizia: donde i lagni, le proteste, i malcontenti e le aperte ribellioni del popolo.
1 Valtellinesi sono, ed a ragione, assai teneri e gelosi della loro autonomia locale: ogni eccessiva ingerenza di poteri esteriori nelle loro faccende li adombra e scontenta.