Provincia ili Sondrio
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anticamente detto Tallio, e di importanza assai maggiore di quella che oggidì non abbia. L'etimologia del nome < Valtellina > sembra, con ciò, assai semplice; basta scomporre la parola (Val Tellina) per ottenerla. La prima volta che il nome di Valtellina, appare nella storia scritta è nella vita di Sant'Antonio Leriuense, martire della propaganda cristiana fra 1 lìezii, scritta da Sant'Ennodio vescovo di Pavia, intorno all'anno 500. Ma prima di questo fatto non si sa qual nome avesse — nel periodo romano particolarmente — la \ altellina.
Secondo l'Kbel, il Quadrio ed altri storiografi vaiteliinesi, la Valtellina, abitata 111 origine dai barbari Retici e dai Galli (Orobici?), fu aperta alla civiltà dagli Etruschi, quando, più di mille anni avanti l'èra volgare, conquistata l'Insulina e respinti i Celti-Insubri oltre l'Alpe donde erano discesi, si stabilirono nell'attuale regione lombarda, lasciandovi, nell'agricoltura, in opere stradali ed idrauliche ed ili qualche nome di luogo o di fiume, traccie non dubbie del loro passaggio e della loro opera ciulizzatrice. Gli Etruschi, dovendo far argine alle irruzioni dei barbari abitatori delle ltezie, avrebbero occupata la Valtellina come posto avanzato della loro conquista nella Insnbria. Tale è almeno l'opinione, forse ben fondata, degli storici di Valtellina.
Nellasecoinla discesa (lei Galli, quando condotti ila Belloveso cacciarono gli Etruschi e riconquistarono l'Insulina, già dei loro antichi connazionali — dei quali trovarono ancora qui e là alcune tribù e vivi nella lingua i nomi dei paesi e dei fiumi — è verosimili il supporre, che scendendo quelle genti dallo Spluga, la Valtellina sia stata una delle prime terre da quel nuovo tlusso umano occupate ed incorporate poi in quella Gallia Cisalpina, clic nella valle del Po, tra l'Alpe e FApeimino, stabilivasi a contrasto e minaccia della sorgente Roma.
Nel periodo romano la Valtellina appare come una specie di zona frapposta alla Gallia Cisalpina, o la pingue regione sanguinosamente conquistata a Poma da Marcello, ed i barbari abitatori della Rezia, che niente affatto spaventati dal gran nome di Roma, facevano quante e più potevano, incursioni verso mezzodì, spìngendosi talvolta fin sotto le mura di Como ed all'estremo limite delle prealpi.
A tener in freno quelle genti — Reti ed Elveti — Roma mandava frequenti legioni nell'ampia vallata superiore dell'Adda e \i dava fiere battaglie non sempre trionfali per le aquile quirite, poiché, al console Marzio ed a Claudio Marcello, fallì l'impresa di soggiogare i Reti; mentre più fortunato fu, nell'anno 7:27 di Roma, il console Publio Silo. Ma la resistenza di queste popolazioni l'etiche, alle quali s'erano unite le tribù dei Caniuni — popolo di origini celtiche — che Roma allargando sempre piti la propria conquista, tentava di cacciare dalle loro montagne (le Cainonie o della vai Cui ironica), fu lunga, ostinata, sanguinosa. Narrano gli storici romani, che m una delle lotte o battaglie decisive, nelle quali l'intero popolo di queste montagne prendeva parte, le madri, perduta ogni speranza di vittoria, non avendo più pietre da lanciare contro le compatte legioni romane, affrontarono gli assalitori, facendosi arma di offesa dei loro nati, e che nella strage che ne seguì, il maggior numero di Cam uni e Rezi combattenti. insieme alle loro donne ed ai loro faneiulletti, perirono, onde ebbe ragione Orazio di chiamare queste genti < devota morti perfora liberae >.
Nel periodo imperiale furono qui stabilite, sempre a freno dei Reti, delle stazioni militari, che Tacito designa col nome ili ali e coorti— le quali, naturalizzatesi nei luoghi, furono da questo lato una delle più valide barriere che Roma decadente avesse contro le sempre più minacciose cupidigie dei barbari, mal frenati alla periferia del vasto suo impero.
Allo sfacelo della potenza romana, al succedersi ininterrotto per due secoli di invasioni barbariche, uua grande oscurità si stende sulle vicende della regione valtelli-nese. Gli storici locali raccolgono la tradizione che al tempo della invasione uiiuica, guidata da Attila, molte famiglie del Milanese e del Comasco, spaventate alla notizia,