I .il* Seconda — Alla Italia
tentanti (li sottrarsi alla signoria viscontea e ritornare ancora una volta alla antica e bella indipendenza comunale. Ma a farle desiderare il ritorno della signoria viscontea furono pronte le fazioni interne dei Vitame dei Rusconi, contrastantisi la signoria della città. Franchino Rosea, discendente da quegli dm uwva data ad A/.zone Visconti la signoria di Conio, riesci a farsi, per alcun tempo, signore della città; ma le truppe marniate dal giovine duca Giovanni Maria, che aveva assunto le redini dello Stato, lo fecero fuggire, ed impadronitesi di Como la saccheggiarono. Non si diede per vinto Franchino Rusca, che nello sfacelo in cui il mal governo di Giovanni Maria aveva ridotto
10 Stato, ebbe, nel 1108, una ripresa di fortuna e potè farsi di nuovo signore di Como, Lecco, Locamo e Pellmzona. Anche questa fortuna fu di breve durata. Nel 11-12 f ranchino Rusca Morì e suo tiglio Lotario, trovandosi alle prese con Filippo Maria Visconti, succeduto ai fratello, che coll'aiuto dei suoi Capitini di ventura, il Carmagnola e lo Sforza principalmente, andava ricostituendo lo Stato paterno, non potendo resistere venne a patti e gli cedette Como e gran parte delle sue dipendenze, triste momento quello nel quale si mercanteggiavano i popoli come filandre di pecore: preludio a tempi non lontani e più tristi ancora.
Da quel momento Como legò le sue sorti a Milano; infatti, morto Filippo Maria Visconti fra rabborrimento universale, e proclamata in Milano la Repubblica Ambrosiana, Como vi fece entusiastica adesione: della qual cosa la punì severamente Francesco Sforza quando, soffocata quella Repubblica — ultimo sprazzo delle civili libertà lombarde — ed insediatosi nel ducato, tolse a Como ogni privilegio e giurisdizione sulla circostante provincia, ne accrebbe le imposte e la fece stazione continua di transito per le truppe svizzere, che egli ed i suoi discendenti andavano assoldando a difesa dello Stato ; truppe che dove passavano lasciavano tristissimo segno di ruberie, soprusi, violenze e malattie schifose. Peggiori ancora, sotto questo aspetto, furono le condizioni fatte a Como nel periodo calamitoso della guerra per la successione al Ducato di Milano, tra la fine del secolo XV e la prima metà del susseguente. Sulla strada delle truppe belligeranti, scendenti dalle \lpi, ebbe a patirne ogni sorta dimolestie, particolarmente per l'irruzione degli Svizzeri, condotti da quella specie d'Attila 111 coccolla che fu il fanatico e famigerato Matteo Scheiner, il cardinale di Sion e per gli Svizzeri fatti venire da Massimiliano Sforza, onde opporli a 1 rancesco I re di Francia. Furono quelli due momenti tristissimi nella storia di Como. Decisa filialmente la grande contesa in favore di quella pallida parvenza di principe nazionale sotto tutela dell imperatore Carlo V — che fu Francesco II Sforza — e morto questi, nel 1535. lasciando erede del ducato il suo imperatore e padrone, Como passò in potestà degli Spaglinoli, che, come in tutto il resto della Lombardia, impiegarono ogni arte di mal governo por estorcere quattrini alla popolazione, onde inviarne alla non inai sazia Corte madrilena e mantenere la boriosa pompa dei loro governatori e viceré. C'olia dominazione spagnuola la storia, anche per Como, cede il suo ufficio alla più umile cronaca: e difatti, in questo lungo periodo di quasi due secoli, non si hanno a raccontare che fatti di miserie locali fra i quali emergono, con tragici contorni, la pestilenza del 1U30, seminata dai Lanzichenecchi, della quale periremo oltre 10,000 cittadini : e la inondazione del 1073, cagionata da una straordinaria cresciuta del lago, che recò gravissimi danni alla città e fu causa di molte morti.
Sul principio del secolo scorso, dibattendosi anche in Italia la contesa per la successione di Spagna, Como fu occupata dai Franco-Sardi, indi dagli Austriaci, poi nuovamente dai Franco-Ispani; finché, alla conclusione di quella grande contesa, che per
11 capriccio e l'ambizione di tre teste coronate, dissanguò mezza Europa, rimase agli imperatori austriaci. I governi intelligenti e riparatori di Carlo VI, Maria Teresa e Giuseppe II. cancellarono, in quanto fu possibile, le conseguenze dell'avido e corrotto sgoverno degli Spagnuoli: e Como, che, sotto costoro, erasi ridotta a poco più di 10,000