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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Como e Sondrio
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1896, pagine 516

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Como
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   raccolti a più disperata difesa nel castello di Borgo Vico, provveduto di soldati e di macchine, attorniato dalle acque del lago ed in posizione, coi mezzi d'allora, imprendibile o quasi. Non potendo, sebbene vittoriosi, continuare più a lungo le ostilità, i Milanesi si accontentarono di smantellare le mura di Como, di ardere e di saccheggiare quanto di meglio trovarono nella città; poscia, volendo finirla, mandarono una ambasciata di quattro sacerdoti ai Comaschi chiusi 111 Borgo Vico, per trattare d'una onorevole capitolazione. Questa venne concordata, ed a garanzia della fedeltà promessa e dell'obbligo assuntosi dai Comaschi di parteggiare sempre coi Milanesi, furono obbligati a smantellare le rimanenti fortificazioni della loro città, di Borgo Vico e di Camerlata. Così fini questa guerra decenne, che fu certo una delle più accanite di quel periodo e dopo la quale i Comaschi, impotenti a difendersi, dovettero stare tranquilli mantenendo osservanza al giuramento di fedeltà dato a Milano.
   La venuta di Barbarossa porge loro l'occasione della rivincita e li vediamo tosto, nel 1152, parteggiare per l'imperatore contro .Milano: ed in tutte le fasi ili quell'immane guerra, sostenuta da Milano sola dapprima, poi, dopo l'eccidio del 1102, dalla Lega delle città lombarde contro Barbarossa, Conio rimane fedelmente alleata all'imperatore, che, prima e dopo la battaglia di Legnano, trova ricovero nel castello del Baradello.
   Le guerre sostenute da Como contro Milano sono lunghe e frequenti la prima, di cui abbiamo detto or ora, durò dal 1118 al 1127; la seconda, dal 1152 al 1184: e Giuseppe Ferrari, il filosofo scrutatore delle rivoluzioni italiane, segnò dopo di questa le guerre sostenute da Como con Milano, dal 1185 al 1180; nel 1239-40; 1256-71-84-86-99 (periodo delle contese guelfe e ghibelline o lotte signorili fra Torriani e Visconti); nel 1302-22-33-G9-S0; nel 1402-5-7-16 ed ultima nel 1500. Como sostenne inoltre guerre con Cantù, Menaggio, Bormio (1193-1200-1300-11), Gravedona, Isola Coniatimi, l'orno (.1339-1407-1512), Cremona (1199-1217-18 e 1282), con Bellagio, Bergamo, Casale, Lecco, Lugano (1118-27 e nel 14-12) ; Modena, nel 1199; Nesso, l'arma (1190-1217-18); Reggio, 'Sondrio (1300-11-28) e Verona, nel 1217-1S. Questa frequenza e moltiplicata di guerre è del resto la caratteristica del momento, ed è la prova che Como è entrata attivamente. per la parte che la sua posizione speciale ed i suoi interessi volevano, nell'orbita d'azione delle rivoluzioni e controriv oluzioni che rendono sì strana, caratteristica ed eloquente la storia dell'Italia superiore nel medioevo.
   Nel periodo che seguì la pace di Costanza, della quale, sebbene avesse fino all'ulti ino militato col Barbarossa, Como, al pari delle altre città lombarde, profittò largamente, Como fu preda delle discordie interne tra Guelfi e Ghibellini: discordie dapprima latenti o poco meno, ma che scoppiarono terribili nella metà del secolo XIII, alla morte di Federigo IL ponendosi a capo delle due fazioni due famiglie potenti per aderenze e ricchezze accumulate: i Vitani, guelfi, ed i Rusca, ghibellini. Fu un alternarsi continuo di fortune e di sconfitte da una parte e dall'altra; finché trovandosi, nel 1335, alla testa della città Franchino Rusca e sentendosi impotente di reggere da solo all'urto dei molti nemici, rinunziò al coniando, e consigliò il popolo a voler pace e ad affidarsi ad un signore più forte di tutti : ad Azzone Visconti, signore di Milano. Così avvenne, e sotto quel primo reggimento visconteo Como, godendo di una pace risto-ratrice, potè prosperare col commercio e col rifiorire delle industrie tessili, alle quali furono sempre portati ì suoi cittadini; mentre continuava da secoli, dal territorio coniatine per tutta Italia ed in buona parte dell'Europa settentrionale, l'emigrazione di quei Maestri Comacini, architetti, scultori, statuari, costruttori, ingegneri, dalle cui meravigliose opere, disseminate dovunque, tanto impulso ebbe il risveglio artistico di quel periodo in Italia e fuori. Ma di ciò a suo luogo.
   Alla morte di Gian Galeazzo Visconti, primo duca di Milano, che lasciò i tigli minorenni e lo Stato sotto reggenza, Conio seguì il moto delle altre città lombarde.