Como
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vescovile, preludente al sorgere dei Comuni. Durante il fiero conflitto fra la Chiesa e l'Impero, per la quistione delle investiture, conflitto cli'ebbe il suo periodo acuto tra il 1073 e 1005, durante cioè il pontificato di Gregorio VII ed il regno di Arrigo IV, Conio avvantaggiò assai nelle franchigie che già godeva, cui consolidò ed accrebbe, tenendosi a parteggiare un po' per l'uno ed un po per l'altro dei contendenti. II crescere (li potenza, di libertà all'interno diede ansa nei cittadini di Conio a maggiori aspirazioni nell'esterno; così, fin dal 1(J'J;1, vediamo Conio in armi contro Bergamo per ([uistioni di contini. Queste guerre, narra il Sismondi, « incominciavano sempre con leggiere scaramuccio tra le popolazioni \icine, che in tempo delle messi danneggiavano le campagne nemiche, llìscaldati dalle fresche offese gli antichi odii solevano sfidarsi a battaglia in un luogo e giorni determinati, in cui gli uomini dei due Stati atti alle armi andavano tutti col loro Carroccio contro al nemico >.
l'in grave però fu il conflitto scoppiato, sul principio del secolo seguente (MI), fra Como e Milano: conflitto nel quale ad eccitare gli animi, oltre a questioni di confini, si aggiunse la quistione religiosa e quella della supremazia propria che Afflano voleva imporre alle altre città lombarde. Nel dissidio, non ancor sopito tra l'Impero ed il fepato,i Comaschi, in quel momento, parteggiavano pel papa, che aveva confermato e consacrato un vescovo di loro elezione, Guido, della famiglia dei Grimoldi di Gala-vesca. A Milano, ove si parteggiava in quel momento per l'imperatore, ritenendosi la Chiesa di Como suffraganea alla milanese, si volle imporre ai Comaschi un altro vescovo, un diacono milanese, Landolfo della famiglia de' Carcani. Questi, profittando della presenza in Lombardia di Arrigo V imperatore, erasi impossessato del castello di San Giorgio, da cui molestava e minacciava i Comaschi, accampando il diritto di prendere possesso della carica conferitagli. Ma di costui t Comaschi non volevano saperne : e tanto meno Guido, che si proclamava legittimo vescovo e come tale funzionava nella città, era uomo da cedere alle ingiunzioni di quel pretendente. Anzi, volendo finirla una buona volta con costui, una notte sorti dalla città coi due consoli Adamo di Pizzo e Gudenzio Fontanella e molti armati, e sorpreso il castello di San Giorgio, fece prigioniero Landolfo, ne uccise i congiunti ed i partigiani che s'erano dati a difenderlo, appartenenti tutti o legati a nobili famiglie milanesi. Quelli che poterono salvarsi da tanto eccidio corsero affannosi a Milano portando le vesti insanguinate dei congiunti e degli amici uccisi, stendendole sulle pubbliche piazze e sugli angoli delle vie. Le donne, o madri, o spose, o sorelle dei morti, con grandi querimonie, si erano recate all'Arengo chiedendo vendetta pei loro cari. L'arcivescovo Giordano, su cui gran parte di quello sfregio ricadeva, fece chiudere le porte delle chiese dichiarando che non le avrebbe fatte riaprire se non per coloro che avrebbero prese le armi per vendicare la Chiesa e la patria loro. Si comprende come in tanto eccitamento degli animi la risoluzione di muovere guerra a Como fosse facilmente e prontamente presa. Messi in armi quanti più uomini poterono, i Milanesi, preceduti di poco da un araldo per ultimare la guerra, uscirono dalla città dirigendosi verso Conio. I Comaschi, dal canto loro, avuto sentore della cosa, si recarono ad affrontare i nemici ai piedi del Baradello. Quivi avvenne il primo scontro tra Milanesi e Comaschi, durato parecchie ore, senza che le sorti si decidessero per una parte o per l'altra.
Nella notte, sostando dalle offese, i Milanesi profittarono dell'oscurità per passare inosservati sul greto di un torrente e di là giungere tino a Como, di cui trovando le porte sguarnite le sfondarono e, penetrando nella città addormentata ed indifesa, cominciarono, secondo la ragion di guerra d'allora, coi saccheggi e gli incendi. Ma i Comaschi che in quella avevano, dalla parte alta, girato il monte del Baradello, ed affaccìavansi alla vallata, nel cui fondo sorge la loro città, visto il bagliore delle fiamme ed indovinando la triste sorpresa loro fatta dai nemici, affrettando la corsa, piombarono inaspettati su di questi, e col valore della disperazione ne fecero strage, li