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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Como e Sondrio
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1896, pagine 516 |
Digitalizzazione OCR e Pubblicazione a cura di Federico Adamoli
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Como
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scambiatiti i loro prodotti coi Galli Insubri della vicina piana milanese: fusi gli Orobii e gli Insubri dal vìncalo fraterno che lor dava il primitivo commi ceppo.
Fu, fino al momento della conquista romana —tentata dapprima, ina con magri risultati, da varii consoli, poi condotta sanguinosamente a termine da Marcello, nell'anno di Roma 5»7 —insieme a Milano, uno dei luoghi più cospicui della Gallia Cisalpina: di quella Gallia, dalla quale erano partite le schiere minacciose di Bramo a mettere 111 pericolo l'esistenza dell'Angusta. Roma. La conquista della Gallia Cisalpina fu uno degli ossi più duri che la Repubblica romana avesse da rosicchiare: lo mostra l'accanimento da essa posto nel compiere l'impresa; lo mostrano le sanguinose repressioni di Marcello (clie pure, ad onta di queste ecatombi umane e dell'eccidio di Siracusa, passò ai posteri con fama di umanissimo!) a trionfo ottenuto, coli uccisione 111 massa del fior della gioventù cisalpina e colla distruzione, narrata da 1 ito Livio, di ventotto castelli, o terre fortificate nella regione comasca, tra cui certamente il Paradello.
Ad onta di questo sterminio Roma non si sentiva guari sicura nei nuovi possessi. I non domi abitatori delle Rezie facevano frequenti incursioni nella regione Orobia e singolarmente per la vallata dell'Adda, trovando più facile e diritta Ma, si avventavano sovente in Como, romanizzata, arrecandovi continui danni, Rompeo Strabone, a guarentire la città dagli attacchi dei Rezi, sempre più arditi e minaccianti anche la sottostante piana milanese, ristorò la città di mura e di torri, dandole quella forma quadrilatera eli era speciale delle città romane e che Como ancora in gran parte conserva, inscrivendola alla tribù Oufentiiia che già teneva Milano. Giulio Cesare, che pelle sue imprese nell'Elvezia e nelle Galli© capì essere Conio uno dei capisaldi delle vìe clie conducevaiio ili quei paesi, a darle maggior importanza e ad averne maggiore guarentigia di fedeltà a Roma, \i condusse una colonia di 5000 persone, fra cui moltissime famiglie ragguardevoli di Roma, nonché 500 nobili Greci che Roma aveva creduto opportuno tenei lontani dalla loro patria. Così si spiegano i nomi di molti paesi rivieranei del lago, che come Nesso, Dervio. Core mio, Lenno, Lemna, Pigia, Dorio, ecc., ecc., fanno rivivere in questa regione i ricordi della classica Eliade.
L'antica gallica Como fu ni tal circostanza ribattezzata col nome di Novocomum — Nuova Como — nome che ben presto lasciò, per ritornare al semplice e primitivo suo nome, ninasto nella lingua viva e nelle tradizioni del popolo.
Molti sono ì monumenti che in Como si serbano del periodo romano e molte lapidi comensi, come ad esempio, quelle che sono murate nel Duomo, all'esterno presso lapor-tella di via dei Maestri Comacìni, intestate colla sigla OYF (Oufentina), comprovano la continua pertinenza di Como alla medesima tribù di Milano. Nel periodo della dittatura cesarea e dell'Impero, Como fu importante centro militare, essendo continuo per essa il passaggio delle truppe che andavano a lasciar le ossa fra i dirupi elvetici, i dolmen celtici e le foreste germaniche. In quel tempo Como, godente del jus romano, era uno dei più splendidi ed illustri inunicipii della Gallia Cisalpina: patria di personaggi, che nella polìtica, nelle lettere, nelle scienze, nell'arte resero celebre il nome romano. E ricordiamo, innanzi tutti, Caio Plinio Secondo (il Vecchio), che, nella sua Storia Naturale in xxxvn libri, raccolse tutto lo scibile umano d'allora in fatto di cognizioni naturali, e descrisse ogni sorta di fenomeni e d'esseri esistenti, come allora dicevasi, in tre dei quattro elementi: la terra, l'acqua e l'aria, ed in moltissimi casi, con una esattezza e chiarezza tale di percezione scientifica, da recar meraviglia fino ai giorni nostri. Oltre che scrittore dei più celebrati e «sommo fra i naturalisti dell'antichità, Caio Plinio Secondo fu oratore valente, uomo politico sagace, come lo provò andando proconsole in Ispagna; fu capitano d'armata valoroso, capo di legazioni e negoziati importanti, amico degli imperatori Vespasiano e Tito; nomo, in mia parola, dei più celebri e meritamente onorati del suo tempo. Comandando egli la fiotta del Miseno fu presente, nell'anno 79 di C., alla terribile eruzione vesuviana che seppellì Pompei ed Ercoìano.

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