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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Como e Sondrio
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1896, pagine 516

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   34 l'arie Seconda - Alla Italia
   parente di rommaso; Donato da Mareggia, Tomaso da Righezio, Martino d'Annone, Rartoloninieo da Sala, \bbuudio da Sant'Abbondio con il ,iro]irìo figlio, l'etri no da Bregia, Nicolò e Francesco da Margrate, Gerolamo da Rezzano e Francesco dr'Yen-drelti: nomi tutti, che insieme a quello del Rodali, appaiono negli avanzi dei registri della fabbrica, nel 1500, sopra vissuti airumana rabbia distruttrice e giunti fino a noi. In altro elenco di artisti lavoranti alla fabbrica del Duomo di Como, datato dal 1513, si hanno parecchi nomi cambiati; ma ne rimane sempre in capolinea quello di Tommaso Rodar, da Mareggia, preposto ognora, com'è facile arguire, alla direzione Suprema dei lavori. Il Merzario fa opportunamente osservare che anche gli artisti di questa Seconda nota appartengono tutti al territorio comacino.
   In questi non pochi anni, Tommaso da Mareggia, attendendo sempre venisse il momento propizio a por mano ai lavori grandiosi pel compimento della fabbrica, ne arricchisce senza posa la decorazione interna ed esterna, con opere degne di essere ricordate: tra cui prima, l'altare di Santa Lucia, sporte di gran quadro o reticolato, diviso in due compartimenti, contenente una serie dì fatti della Passione di Cristo, con pilastri, colonnette, fregi, tutto in marino e bronzo. Fu fatto dal Kodari nel 1PJ7 a speso di Don Bartolomeo l'arra vicini e Gian Giacomo suo nipote: e per quanto ricordi, in molti particolari, nelle teste Specialmente, larghe e piatte, le forine antiquate della scuola rampionose, ha vigorosi accenni all'arte rinascente, che pochi anni appresso doveva sbocciare con tante e superbe manifestazioni nelle opere dei Solari, del Bam-lmja, dell'Amedeo e del Bodari medesimo, onore tutti della scuola campionese. Contemporaneo all'altare di Santa Lucia < la Deposizione dello Croce, gruppo, 0 pegma di ligure, formante l'altare dei Bossi — dal nome di famiglia di ll arcipretc che ne diede al Rodar! la commissione — e che si trova presso l'estremità della navata laterale, a settentrione. K questo lavoro di maggior inerito del precedente, ed il Italin, nelle citate sue erudite osservazioni storiche sugli scultori italiani, vi riscontra 1 influenza del più granile artista allora in voga nell'Italia superiore, Andrea Mantegna. < Quella del Giovanni piangente — egli scrive — è addirittura una vera figura del Mantegna >. All'esterno, del Duomo sulla facciata principale, Tommaso Ilodari, insieme al suo congiunto Jacopo da Mareggia, fece i due podj e gli ornamenti per le statue dei due l'Imi votati dal Comune di Como, in onore di quei due illustri comaschi, del periodo romano.
   Le statue, di linee dure, imperfette, troppo ricordanti i metodi campionesi di mezzo secolo prima, si attribuiscono a Pietro da Bregia, il costruttore della facciata. Il Rodai! fu incaricato di migliorarle nei panneggiamenti degli abiti, di collocarle in nicchie o podj in rilievo sulla facciata della chiesa, di fianco alla porta principale. Le iscrizioni latine, poste sotto le due statue, fanno fede della deliberazione del Connine, celebrano le virtù dei due illustri cittadini di Roma e di Como insieme, e ci dittino i nomi degli esecutori dell'opera: Tommaso e Jacopo da Mareggia.
   Le pratiche, le lunghe sollecitazioni dei Comaschi, intese ad ottenere dall'autorità ducale la facoltà voluta per riprendere ed ultimare la costruzione del Duomo, per gli uffici del vescovo Scaramuzza Trivnlzio, e più ancora per un po' di tranquillità, dopo tante vicende, ritornata nello Stato, approdarono a buon fine. Nell'aprile 1512 la fabbriceria del Duomo di Como prese in affitto per nove anni una cava dì marmo nel Comune di Dongo, si scavarono le fondamenta, e si diede mano all'erezione dei muri secondo il modello che Tommaso Rodari aveva per tanti anni studiato e corretto.
   Sopravvennero nuovi torbidi che fecero andare a rilento i lavori (1511-1517) e quando questi riprendevansi con maggiore impulso e le mura già sorgevano ad una certa altezza, le critiche di alcuni invidiosi indussero la fabbriceria a farla sospendere per appellarsi al giudizio di altri competenti artefici onde riferissero < con la maggior possibile ponderazione sulla ideata fabbrica, acciocché la medesima riesca di maggioro