Monza
483
riflesso del grande romanzo manzoniano si è formata, si può dire, una vera bibliografia. TI monastero di Santa Margherita in Stornai — che appnnto così chiaiuavasi prima di essere detto della Signora — era anche detto del Pozzovaghefto, dalla località nella quale sorse. Fu eretto per le Umiliate nel secolo XV; la chiesa, dedicata alle sante Caterina e Margherita, venne eretta da! 11G9; ma poi nel secolo XVII e nel successivo, ed anche ai nostri giorni, fu ritoccata e restaurata. E a una navata sola, con un unico altare che già possedeva un bellissimo quadro del Figino, trasportato nel 1785, quando il convento venne soppresso e le monache rimandate, nella chiesa parrocchiale del non lontano Brugherio. Il convento fu con varie vicende adibito ad uso di magazzino, di caserma e d'altro ; ma poi, nei nostri tempi, fu riacquistato da una Congregazione di suore dette Sacramentine, le quali vi istituirono un educandato e scuole pubbliche per fanciulle, ora abbastanza reputato.
La famosa Monaca o Signora di Monza, intorno alla quale, sulle orme del Manzoni, scrissero romanzieri d'un certo valore come il Rosini, novellieri, poeti, drammaturghi e fecero ricerche storici di polso e di grande autorità come il Cantù, era Maria Virginia di Leyva, figlia di Don .Martino de Leyva, discendente del famigerato Don Antonio de Leyva, navarrese, capitano di Carlo V al quale Francesco II Sforza nel 1531, diede, per ordine di Carlo V, in feudo Monza, in ricompensa dei servizi prestati — devastando per conto dell'imperatore come più potè la Lombardia — volendo l'imperatore tenere, intorno all'imbelle ed effimero ultimo discendente degli Sforza, uomini pronti ad impedirgli di compiere qualche atto, pel quale fossero compromessi gli interessi suoi in Lombardia.
Don Martino de Leyva, com'è ben narrato dal Manzoni, senza farne il nome, e come fu accertato dalle ricerche fatte dal Cantù, duro ed avaro per natura, volendo serbare intatte le prerogative del maggiorasco, costrinse con male arti la figlia Virginia — nolente — a prendere il velo delle Umiliate nel convento di Santa Margherita in Monza, ila, per compensare in certo modo la figlia del durissimo sacrificio impostole, fece sì che ottenesse nel chiostro, per ragione del grado di sua famiglia, una incontestata supremazia, estendentesi anche ad una specie di giurisdizione esterna, della quale la Signora — così si cominciò allora a chiamarla — si servì più volte, facendo atti di vera sovranità, come quando, ad esempio, accordò ai Cappuccini il diritto di pescare nel Lambro, dal giardino del loro convento a S. Maria del Carrobbiolo fino ad una certa casa detta del Martellino.
Sulla attuale piazzetta di Santa Margherita, o della Signora, sorgeva in quel tempo il palazzo della famiglia Osio; della (piale allora era un Giovanni Paolo « scellerato di professione, uno dei tanti che in quell'epoca e coi loro scherani e con le alleanze con altri scellerati potevano, fino ad un certo segno, ridersi della forza pubblica e delle leggi ». Costui profittando dell'attiguità del convento, riesci ad adescare ai suoi amori monache e converse, tra queste principalmente la Virginia Maria de Leyva. Per un foro abilmente praticato nel muro di cinta, esistito fino ai nostri giorni, POsio penetrava nel convento pei suoi amori colia De Leyva e con altre. Da quel foro fece fuggire una conversa di nome Caterina, le monache Ottavia Rezia e Benedetta Felicita Ornati, da Ini poi, per isbaraz/.arsene, assassinata. Scoperto, in un con questo assassinio tutto quell'intrigo di amori, dai canoni giudicati sacrileghi e puniti colla pena di morte, l'Oaio dovette fuggire, tanto più che sul suo capo fu posta una grave taglia ed il bando per chi lo avesse rifugiato o salvato.
Dopo aver condotto vita errabonda e fuggiasca in vari paesi, l'Osio ritornò in patria, ricoverando presso un suo bravo, nella speranza di farsi condonare, mediante le aderenze delle quali la sua famiglia disponeva, i suoi colpevoli trascorsi. Ma l'esser implicato in questo brutto affare il nome di una famiglia potente come quella dei De Leyva fu causa della sua perdita. Si volle soffocare e nello stesso tempo vendicare