Monza
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a guisa di diadema frontale, resta evidente che il cerchietto di ferro fu aggiunto dopo, per rendere fissa e circolare la Corona: la quale — sia detto fra parentesi— è di proporzioni tali da non potere, per capacità, cingere nessuna testa d'uomo normale, qualunque ne sia la conformazione cranica, brachicefala o dolicocefnla.
D'altra parte è inverosimile, per non dire assurdo, il fatto che una donna di sì grande pietà e devozione, quale fu l'imperatrice Elena— che mise tutta la sua autorità di madre e tutto il suo fervore di neofita nel patrocinare la causa del Cristianesimo appo il marito prima ed il figlio poscia, ed alla quale forse si deve uno dei più grandi trionfi della nuova religione, l'Editto di Milano — è inverosimile, diciamo, l'ammettere che questa donna venuta, nel suo divoto pellegrinaggio al Santo Sepolcro, in possesso di due oggetti sì rari e preziosi, quali per la sua fede di credente potevano essere i due chiodi della crocetìssione di Cristo, non avesse trovato di meglio che farne un morso per la sua giumenta ed un ornamento per i suoi capelli. Via, è un po' grossa !
La leggenda che attribuisce alla Corona ed alla lamina di ferro che le gira intorno origini costantiniane e sacre è sfatata dal più semplice ragionamento logico ; ed un uomo, la cui fede devota non faceva velo al desiderio del vero ed all'immenso sapere, Lodovico Antonio Muratori, il padre della storia patria, oppugnò con profondità di dottrina assieme e di critica, l'origine costantiniana attribuita alla Corona ferrea: negò la possibilità che il famoso cerchio di ferro potesse venire da uno dei chiodi che avevano servito alla passione di Cristo, ed affermò che nessun culto era da prestarsi a quel cimelio. La tesi opposta era con molta erudizione, ma con maggiori sofismi, sostenuta dal canonico rnons. Giusto Fontanini: e siccome la quistioneera sottoposta alla Congregazione dei Ititi, la quale doveva giudicare se la Corona Fig. 135. — Monza (Duomo): Altare ferrea dovesse ritornarsi al culto che le era della Corona ferrea,
stato interdetto, nel 1GS7, da mons. Antonio
Tranchedini, visitatore delle chiese di Lombardia per incarico dell'arcivescovo di Milano Federigo II Visconti, la Congregazione stessa decise in favore della tesi sostenuta dal Fontanini ed il culto della Corona ferrea, sotto il nome di Sacro Chiodo, fu nuovamente permesso nella basilica di Monza. Ma la Congregazione dei Riti, è evidente, giudicò per sentimento e non per informata coscienza e con esatta cognizione storica della causa, preoccupata innanzi tutto di salvare il prestigio dell'autorità ecclesiastica suprema, che dal 1570, per le predicazioni d'un gesuita spaglinolo, Fananuele San, affermante l'esistenza del Sacro Chiodo nella Corona monzese, ne aveva permesso il culto.
La sentenza della Congregazione dei Riti fu pronunziata il 7 agosto 1717 e la Corona, ritornata al culto con solenni funzioni, fu collocata nella cappella a destra dell'altare
CO — La Cu Irla, voi. II.