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Parte Seconda — Alta Italia
l'idea, promise che nel pomeriggio del giorno seguente sarebbe andato a vedere il luogo insieme ai principi ed ai capi dell'esercito, ed ove lo avesse trovato acconcio, volentieri avrebbe data la chiesta facoltà. Così avvenne infatti: il 3 agosto 1158 Federigo recatosi al borgo d'Isella, piantando lo stendardo nel mezzo del borgo, investì i Lodigiani della proprietà del luogo ove sorgerebbe la nuova città, nella rappresentanza dei consoli Cosimo Morena, Archimbaldo Sommariva, Lotario degli Aboni. Subito, lui presente, furono delimitati 1 confini : e tosto, accorrendo da ogni parte gli espatriati Lodigiani, con grande alacrità si intraprese la costruzione della nuova città; per la sua cattedrale Federigo, come già si disse, diede 30 libbre imperiali e 5 ne diede sua moglie.
Sempre minacciata da Milano la nuova città fu cinta da mura ed un profondo fossato, scavato cou grande ardore da cittadini d'ogni classe, separò il colle di Egliezzone dalla circostante pianura. Per gratitudine i Lodigiani eressero un palazzo all'imperatore, di cui vollero dipinto il ritratto nella loggia del palazzo del Comune e ne vollero l'effigie anche nei sigilli della città. Si spiegano e comprendono facilmente tutti i favori, privilegi e protezioni accordati ila Barbarossa, che pur non era affatto tenero nò generoso pei Comuni e le città italiane, a Lodi, col fatto che egli aveva bisogno di questa città per farne, insieme a Pavia, la base delle sue operazioni contro Milano cui egli voleva umiliare, poiché capiva che senza l'abbassamento di quel forte e libero Comune, la sua autorità in Italia sarebbe sempre stata scossa e vacillante. Così, a mantener vivi ed appassionati gli odii comunali, egli si servì specialmente dell'opera dei Lodigiani, dei Pavesi e dei Comaschi, nel castigare Milano quando ne decreto, nel 1102, ed in parte ne compì, se non la distruzione, il saccheggio, l'atterramento delle mura, lo smantellamento delle torri e delle porte di maggior presidio.
Ma prostrata per un momento Milano, l'aquila sveva sfoderò tosto becco ed artigli; ed i primi a sentirne i danni furono quei Comuni collegati all'imperatore contro Milano, che non più considerati da amici ed alleati come prima, ma da vassalli, si videro tarpate subito, colla soppressione dei loro statuti, le sacre libertà; si videro imposti dei magistrati tedeschi; si videro aggravati di gabelle, per sopperire alle spese della guerra e dei viaggi imperiali.
Donde quella generosa reazione che caratterizza il movimento della Lega: lo slancio col quale le città confederate si (làmio a riedificare quanto la rabbia straniera e la fraterna, aveva distrutto ed atterrato in Milano ; Lodi, legata da troppo recente, gratitudine per l'imperatore e dal giuramento ili fedeltà, fu restìa ad unirsi alla Lega ; ma non l'avversò, ed anzi, nel lavoro preparatorio dell'imminente riscossa, i rettori della Lega convennero più volte a congresso in Lodi medesima. Senonchè, minacciando l'imperatore una nuova discesa, ed urgendo alla Lega di avere l'adesione di Lodi, la cui posizione fortissima poteva giovare agli intenti comuni, le città collegate costrinsero, con un breve assedio, Lodi ad entrare nei patti, facendole però condizioni eccezionali: obbligandosi cioè a difenderla dalle nemiche aggressioni e presidiarla, in caso di guerra, con mille soldati a spese della Lega, a lasciarle libera la navigazione dell'Adda, ad ottenerle dal papa lo scioglimento del giuramento di fedeltà verso l'imperatore, e giurando per loro conto che nessuna delle città collegate sarebbesi mai mossa ai danni di Lodi, obbligandosi invece a prestarle quegli aiuti di cui potesse abbisognare.
A tali patti Lodi entrò nella Lega Lombarda alla quale si mantenne fedele: ed a Legnano le truppe di Lodi, a fianco di quelle milanesi, si batterono strenuamente per la causa santa della comune libertà. Furono presenti alla pace di Costanza e firmatari dell'atto solenne, quali deputati di Lodi, Vincenzo Fissiraga ed Anselmo Sommariva: e quello fu certo un giorno di grande trionfo pei Lodigiani e eli premio per l'inconcusso loro patriottismo, pensando che ventun anni prima i lodigiani Omobouo ed Albernardo Alemanno, erano venuti in quella stessa città a portare davanti all'imperatore il lamento di una patria che sembrava destinata a scomparire ed era invece