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Parte Seconda — Alta Italia
Le cose andavano di male in peggio e la città, mal sicura e sempre minacciata, si spopolava, avendo molte famiglie emigrato a Pavia, a Cremona, nel Veneto ed altrove, quando, nel 1152, essendo consoli di LodiEnghezzone degli Àboni, Oldrado Giudice, Guido da Cuzigo, Garialdo Muncio, Amizone Sacco e Guido Cunzio, venne eletto in Germania alla dignità imperiale Federigo di Svevia detto Barbarossa, e questo fatto mette in sussulto l'animo dei Lodigiani e loro fa intravvedere nuovi destini.
Nel 1153, tenendo Federigo Barbarossa una Dieta in Costanza, gli si presentarono Albernardo Alemanno e Maestro Omobono, cittadini lodigiani che si trovavano in Costanza al servizio del vescovo di quella città. Come uso allora dei supplicanti in grave lutto o disgrazia, ognuno di quei due aveva una croce in (spalla ed una fune al collo, e giunti al cospetto dell'imperatore gli fecero il seguente discorso riferito dai cronisti dell'epoca:
< Noi poveri cittadini di Lodi, davanti a Dio, a Voi ed a tutto il vostro Consesso
< portiamo querela contro i Milanesi, i quali ingiustamente scacciarono dalla città
< nostra noi e gli altri cittadini, e tutti spogliarono e molti uccisero e distrussero
< Lodi, e costrinsero i cittadini a giurare che non abiterebbero più in essa città o
< nei sobborghi. Di poi. andati molti dispersi pel mondo, alcuni pochi incominciarono
< ad abitare in sei borghi intorno alla distratta città, ed in uno di questi, detto il
< Piacentino, ed è il più grosso, facevano un mercato ogni martedì, come erano stati
< soliti nella città, al quale venivano assai Milanesi e Pavesi e Piacentini e Cremonesi
< e Cremascili e Bergamaschi, onde a noi Lodigiani veniva non poco guadagno. I Mila-
< nesi, come videro che ì Lodigiani crescevano in avere e persone, se ne crucciarono,
< e radunato il Consiglio dei Sapienti tolsero il detto mercato dal luogo ove facevasi
< e vollero si tenesse fuori dell'abitato in luogo aperto, di che abbiamo forte scajii-
< tato e ricademmo in miseria. Quindi scongiuriamo voi e tutti i principi qui pre-« senti a fine che con vostra lettera ed un vostro Legato imponiate ai Milanesi di
< restituire ai Lodigiani il mercato sul luogo di prima >.
Questo fatto e questo discorso produsse nell'imperatore e nell'animo di tutti i magnati della Dieta una profonda impressione.
Erano ormai quarant'annì che la Repubblica di Lodi era stata sottomessa ed aggregata al territorio milanese, e la generazione che aveva potuto prender parte ad un governo libero ed esercitare nelle pubbliche adunanze i diritti della popolare sovranità era forse tutta discesa nel sepolcro; < ma — dice il Siinondi — la dolce ad un tempo e trista memoria della perduta indipendenza è una sacra eredità che i repubblicani lasciano ai loro figliuoli coll'obbligo di trasmetterla d'una in altra generazione, per rivendicarla qualunque volta ne avranno la forza. Ai cittadini lodigiani, che senza esserne autorizzati dai loro compatrioti, erano stati condotti dal caso a Costanza, dettò il cuore le parole che potevano destare la compassione di persone che non intendevano il loro idioma >.
Federigo fece ragione al loro piato ed ordinò tosto al cancelliere di spedire ordine ai Milanesi affinchè ristabilissero i Lodigiani negli antichi privilegi e rinunciassero alla usurpata giurisdizione su quella citta. Sicherio, ufficiale della Corte imperiale, fu incaricato di portare incontanente tale ordine ai Consoli del popolo di Milano.
Sorpresi e sbigottiti da questo fatto i Consoli e gli Anziani della Credenza di Lodi, allorquando Sicherio giunse nella loro città colle lettere di Federigo pei Milanesi, dichiararono di meravigliarsi forte di quanto quei due Lodigiani, senza mandato dei loro concittadini, anco a loro insaputa avevano fatto, da quell'atto potendo venirne tristissime conseguenze, poiché più avevano a temere dai Milanesi vicini e sul collo, che a sperare da Federigo lontano, in Germania.
Nondimeno, dopo averli confortati, Sicherio andossene a Milano a compiervi la propria missione. I Consoli milanesi lo ricevettero in presenza dell'Assemblea del