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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Milano
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1894, pagine 547

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Farle Seconda — Alla llalia
   ducali. Poco per volta la signoria vescovile sulla città si sostituisce alla civile, cui assorbe: poi l'imperatore Lodovico li è costretto ad accettare i fatti compiuti, stabilendo clic il conte cedesse la giurisdizione civile della città al vescovo, e si ritenesse soltanto quella della campagna o contado: nell'883 le concessioni dell'imperatore sono confermate da un diploma di papa Martino. — Quando, sotto Berengario I re d'Italia, gli Unglieri, da lui sconsigliatamente chiamati in sostegno della vacillante autorità, irrompono in Lombardia devastando e saccheggiando ogni cosa e mettendo in serie angustie lo stesso re che li aveva chiamati, Zelio da Vigliate, vescovo di Lodi, fa atto di vera sovranità riattando le mura della città e chiamando gabelle dal contado per sopperire alle spese di quell'opera e di ogni altra possibile difesa.
   Un diploma di Ottone lì, del 975, riconosce nel vescovo Andrea questa sovranità di diritto e di fatto mettendo l'Ordinario della chiesa laudense al possesso di ogni regia giurisdizione, diritti, gabelle, pedaggi, ecc., ecc., sopra tutti gli abitanti, le terre e le acque del contado di Lodi — fatto dal quale ha origine il titolo di conte, che è ora annesso alla cattedra vescovile lodigiana.
   Cotesto Andrea vescovo di Lodi fu molto operoso, nel tempo stesso che avveduto e potente. Di lui si narra che facesse restaurare a nuovo la chiesa cattedrale di San Lassano, che favorisse l'elezione di Arduino d'Ivrea a re d'Italia, dal quale ebbe m compenso il diritto pella Curia laudense di cavare le sabbie aurifere dall'Adda; e quando, sul principio del secolo XI, questo vescovo Andrea, accanito partigiano d'Arduino, mori si accentuava già il conflitto tra la Curia arcivescovile di Milano, che, rappresentata dall'arcivescovo Arnolfo d'Arsago, combatteva il re d'Italia, e favoriva la venuta d'Arrigo II di Bamberga per rialzare la dignità imperiale.
   Il quale conflitto si andò maggiormente aggravando ad opera dell'arcivescovo Ari-berto da Intiniiano, il quale sosteneva per se e per la cattedra milanese il diritto di primeggiare nella Lombardia non solo per lo spirituale, ma anche per l'autorità civile. La Curia laudense fu la prima a contrastare all'arcivescovo di Milano questi diritti; ma A liberto, allora amico di Corrado il Salico, cui aveva chiamato dalla Germania e che aveva incoronato re d'Italia, ottenne un diploma per il quale il metropolita milanese acquistava diritto di elezione e d'investitura della temporalità sugli altri vescovadi di Lombardia: cosa che offendeva singolarmente 1 diritti e le prerogative del clero lodi-giano, il quale in allora aveva avuta e liberamente esercitata la facoltà di eleggersi il proprio vescovo. Il conflitto si aggravò e ruppe iu aperta guerra alla morte di Xacherio vescovo di Lodi. 11 clero lodigiani valendosi del proprio diritto, elesse tosto Olderico da Gossolengo sul Cremonese: Ariberto daintimiano, valendosi dei nuovi diritti accordatigli dall'imperatore, nominò vescovo un suo fidatissimo, Ambrogio da Arluuo, cardinale della Chiesa milanese, mandandolo Subito alla nuova sede. 1 Lodigiani si rifiutarono di riconoscerlo e di riceverlo disposti a sostenere colle armi il loro diritto. Ariberto, volendo far prevalere la propria volontà, arma quanta gente gli è dato, devasta all'intorno il territorio lodigiano e stringe d'assedio la città, che non potendo resistere convoca il Consiglio generale (prima rappresentanza del Comune) e dietro consiglio dello stesso Olderico si rassegna a ricevere il vescovo imposto, ed Ariberto per giunta, come un trionfatore, esige dalla città il giuramento di fedeltà. Ciò nel 1025.
   Ala pochi anni appresso i Lodigiani, che non avevano scordato questo affronto al loro diritto e mal soffrivano di quella dipendenza, allo scoppiare dei torbidi milanesi per la rivolta dei popolani contro i nobili e dei vassalli minori contro l'arcivescovo Ariberto, per dispetto di questi parteggiarono coi vassalli minori contro Ariberto, li aiutarono ad erigersi il castello, che fu detto della Motta, e li soccorsero d'uomini e d'armi a Campo Malo, ove poterono infliggere al belligero arcivescovo una dura sconfitta (1036).
   L'imperatore Corrado, venuto di Germania a mettere ordine a queste cose, fatto prigioniero Ariberto, dà ragione ai vassalli minori, revoca i precedenti diplomi e ridona