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nel pianterreno, è assai comodo per la sua centralità, ma poco rispondente al bisogni dello sviluppo sempre crescente di questo importante servizio pubblico. Vi rimarrà peraltro, lino a ehi sorgerà il nuovo e desideralissimo palazzo delle poste e telegrafi, e probabilmente — qitudest in votis — nella centrale e rinnovata località del Cordusio.
Palazzo del Broletto. — Sorge quasi a metà della via omonima, che. da piazza Mercanti conduce al ponte Velerò. Fu fabbricato per ordine di Filippo Maria Visconti onde ne avesse condegna stanza il suo general d'armi, Francesco Bnssone, eonte di Carmagnola, che dal duca lo ebbe in compenso di servigi prestatigli. Dopo la tragica fine del celebre capitano di ventura il palazzo
E asso in eredità alle di lui figlie Luciana Visconti lai Verme e Antonia Visconti. Quest'ultima cedette poseia nel 1470 la sua parte alla sorella, onde tutto il palazzo restò in proprietà del conte Pietro Dal Verme, al quale nel 1485 fu confiscalo da Ludovico Sforza, detto il Moro. Nei susseguenti sconvolgimenti dello Stato, Francesco I dì Francia, considerandolo proprietà della Corona ne fece dono al counestabile d'Ainhoise, suo luogotenente nel regno; il quale nel 1503 lo ce-delte per 25,001) lire ad un tal Beolcn, che per 2(5,200 lire nel 1509, lo cedette a Sebastiano Ferreri, senatore ed intendente generale delle finanze.
Da costui fu nel 1519 venduto per 50,000 lire alla città, che vi trasportò alcuni suoi uffici — già residenti nella piazza Mercanti — insieme al mercato del frumento, dei legnini, delle farine, dei vitelli; poscia nel 1605 vi trasferì anche il pubblico granaio, essendo allora massima di buon governo conservare d'anno in anno enormi quantità di frumento per far fronte ai casi di carestia e di guerre non infrequenti. Con ciò venne al palazzo il nonio di Broletto, nome che ili antico fu dai Milanesi sempre dato alla casa del Comune: essendo stato il Broletto prima ov'è ora il palazzo reale, poi in piazza Mercanti, nel palazzo della Ragione (die ancor ne conserva il nome : il quale in origine voleva dire piccolo Brolo, per distinguerlo dal Brolo grande, di spettanza della Mensa arcivescovile.
Nel palazzo del Broletto era pure la ricchissima armeria della milizia urbana, un vero museo d'anni, raccoltovi in qualche secolo, ma vuotato e disperso pel gran bisogno ch'ebbe il popolo, nei primi momenti della Repubblica Cisalpina, d'armarsi in milizia civica. Nel 1714 fu trasportata in Broletto la sede del banco di Sant'Ambrogio, il quale, m compenso versò allacitta 150,000 li re, necessarie alla laeitazione di debiti urgenti.
La sede del Comune vi fu totalmente e definitivamente trasportata nel 1786, e vi rimase per tutto il periodo del Regno Italico e della successiva dominazione austriaca lino all'avvento del
Governo nazionale, col quale fu trasferita al Marino, posizione più eentrale e comoda pei molteplici interessi che fanno capo al Municipio. Attualmente nel palazzo Broletto assettato e rimodernato nella facciata principale in istile italiano del 500, hanno sede gli ufiiei dell'Intendenza di finanza e Tesoreria provinciale.
Dell'antica architettura, speciale di quel periodo transitorio che precedette in Milano il rinnovamento bramantesco, non rimangono nell'attuale palazzo se non poche vestigia all'interno e nei suoi due grandi cortili. Una lapide nella facciata posteriore ne ricorda ad un tempo l'antica pertinenza al conte di Carmagnola ed al Comune.
Il Castello (fig. 55). — Dal Broletto al Castello di porta Giovi;», non era, per il Rovello o per il ponte Velcro, molta la strada. Il Castello, come é semplicemente detlo dai Milanesi, è, dopo il Duomo, il maggior monumento elle del periodo delle signorie nazionali alla città ancora rimanga. Fu fatto erigere da Galeazzo II Visconti, nel 1308, per gelosia delle fortificazioni che il fratello e condomino Bernabò, andava erigendo a porla Bo-mana ed a porta Nuova. All'uopo furono alter-rato la chiesa di San Protaso in campo foris e le casupole clic atlorniavarila. I cittadini, più elle a presidio della patria contro nemici esterni, videro in questo Castello nna permanente niinaceia alla loro città, ove questa avesse voluto sottrarsi alle invadenti signorie, perciò non lasciavansi sfuggire occasione per domandarne, ed anche tentarne, la demolizione. Cosi fecero alla morte di Galeazzo II medesimo, quando, tumultuando, lo invasero e se non demolirono ne danneggiarono assai le opere principali. Gian Galeazzo, dal quale la città impetrava la demolizione del minaccioso arnese, parve volesse acconsentire a questo desiderio; e si pose all'opera. Ma a lavoro finito, tolte le armature, il Castello apparve ai Milanesi più forte e minaccioso di prima, e tale durò fino alla caduta della signoria viscontea. Morto nel 1447 Filippo Maria, ed i Milanesi proclamata Yaurea Repubblica Ambrosiana, fra le prime cose spianarono quante più poterono delle fabbriche di cotesto abborrito castello ; ma non tanto da far
Sassare a Francesco Sforza, rimasto padrone elio Slato, la voglia di ricostruirlo, eome infatti fece, usando all'uopo di molla scaltrezza. « Infatti, scrive il Corio, finché la plebe avvezza alle armi si ricordava della libertà, provvide che le porle della città si fortificassero, et per essere l'antico Castello di porla Giovìa al tutto rumato, mise ogni suo pensiero a ristanrarlo sopra i primi fondamenta. Ma non volendo dimostrare il pruden-tissimo principe spontaneamente di volerlo fare, acciocché non si comprendesse si toslo che dei sudditi suoi poco si fidasse, impose agli amici et fautori suoi, che modestamente presso dei plebei ed anche, dei nobili facessero intendere la sua voglia intorno al riedificar la fortezza ; non