Milano
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ritenute inadattabili, per le loro proporzioni straordinarie, eolio stile gotico del Duomo.
Nel palazzo arcivescovile è pure visibile un interessante galleria diquadri, raccolta dal cardinale arcivescovo Cesare Monti (1032-1050) e da lui lasciata alla Mensa arcivescovile milanese. Constava in origine di oltre 200 quadri e di molti cartoni e disegni, del cui valore fanno fede i cataloghi lasciati dal Torre, dal Lattuada, dal Sant'Agostino. Molti andarmi perduti, trafugati, dispersi : nel 1811, per ordine poco equo del Governo vice-reale, furono levati dalla galleria arcivescovile ventidue fra le opere migliori, onde adornarne la Pinacoteca di Rrera, che allora si andava formando; in cambio furono dati altri 17 quadri d. pregio inferiore. Alcuni altri furono trasportati alla villa arcivescovile di Gropello d'Adda. Fra quelli ancora ri masti si ammirano più specialmente una Sacra Famìglia e tre ritraiti del Terzano: un ritratto a matita nera, autografo di Raffaello; una Sicra Famiglia di Paolo Veronese ; un David ed una Giuditta de'. Guerrino; una Saniu Rosalia dell'Albano, poi tele del Luini, dei Caracci, del Tintoretto, ili Paris Bordone, di Cesare da Sesto, di Marco d'Oggiotio, di Michelangelo da Caravaggio, del Morazzone, del Cerano, li Daniele Crespi, di Gaudenzio Ferrari, del Campi, di Camillo e di Giulio Cesare Procaccini e di altri molli, di non minor nome. Fra il palazzo arcivescovile ed il Duomo è un ampio e comodo passaggio sotterraneo.
La Mensa arcivescovile ambrosiana, nei tempi di mezzo straordinariamente ricca — si che possedeva beni e diritti in Liguria, in Sardegna, in Sicilia, ed in molte altre parti d Italia — ebbe man mano il suo patrimonio ridotto ed impoverito dalla spogliazione, incameramento, rivendicazioni dei vari Governi succedutisi in Lombardia e fuori. Fino al nostro tempo, cioè fino alla applicazione delle leggi 1806 e 1867 sui beni ecclesiastici, il patrimonio arcivescovile portava ancora un reddito di oltre centocinquantamila lire annue: consistente in beni stabili e latifondi più specialmente situati nei territori di Lombardore sul Po, di Brebbia, e di Gropello d'Adda. In quest'ultima località non è rimasto alla Mensa arcivescovile che il palazzo — eretto da San Carlo Borromeo — coll'annessavi cappella ed il giardino. L'appannaggio dell'arcivescovo di Milano è fissato dal bilanciu dello Stato sul fondo pel culto in circa lire 30,000 annue. L'archidiucesi di Milano è la più vasta d'Italia, contando, oltre parecchi vescovi sulfraganei, 750 parrocchie di propria amministrazione, delle quali molte poverissime. IJa San Barnaba, fondatore della Curia milanese, a monsignor Luigi di Calabiana, ultimamente morto, si lontano 1381 vescovi e gli arcivescovi che sedettero sulla cattedra ambrosiana — senza dire di Manasse che fu competitore di Adelmaro Mencio/io (018-053).
Quaranta furono canonizzati, e di questi, l'ultimo in ordine cronologico, fu San Carlo Borromeo; due furono elevati al pontificalo, e furono Uberto Crivelli, che lii papa Urbano 111 (1185-1187) e Pietro Filargo, che fu papa Alessandro V (1402-1410); ventidue ottennero la porpora cardinalizia, ed uno (monsignor Calabiana) la suprema distinzione cavalleresca che sia concessa dalla dinastia di Savoia, l'Ordine della SS. Annunziata. Infine dal secolo Vili al XI gli arcivescovi di Milano furono anche i signori di fatto della città e territorio circostante, ed alcuni di questi furono in dati momenti arbitri delle sorti dell'Italia superiore, fra i quali Ariberlo da luti miano, che tenne campo contro l'imperatore di Germania, Corrado il Salico. Nessuna cattedra, dopo quella di Roma, ebbe dunque nella Cristianità, tanta importanza storica e tanto prestigio morale, quanta n'ebbe e serbò per lungo tempo la cattedra milanese,od ambrosiana.
Camtiosanlo, — È cosidetto il piazzale clic è dietro l'abside del Duomo. Nel grandioso fabbricato con colonnato corinzio, dovuto al Pestagalli, e a cui sovrasta un orologio, hanno sede gli uIlici della « Venerabile fabbrica del Duomo ».
Palazzo di (litislizia. — Da piazza Fontana per la breve via Alciato si sbocca in piazza Cesare Beccaria, di fronte al palazzo di Giustizia. Fu cretto nel 1605, governando il ducato Don Fedra Enriquez Azevedo de Fuentes, per alloggiarvi il capitano di giustizia, che. prima abitava presso l'arcivescovado. Ne furono architetti, secondo alcuni, il Seregni ; secondo altri, Martino Bassi, o Pier Antonio Borea. Insieme all'alloggio del capitano di giustizia ed urtici inerenti esalivi le carceri criminali, il cui locale a tergo del palazzo venne di nuovo amplialo nel I 80 — quando furono soppresse le carceri del podestà in via Profumici i — e nel 1841.
Un'iscrizione latina sopra la porta —di buon barocco— magnificava l'opera del conte di Fuentes, e diceva, ampollosamente che il palazzo fu eretto in \ i-einanza ed in prospetto della Corte perchè « l'occhio » igiledel principe è la più fida custodia della giustizia ». Un'altra iscrizione dettata per ordine dello stesso governatore, celebrava l'apertura della via Alciato, allora detta Nuova, « acciocché facili e corte fossero l'andata e il ritorno dalla giustizia alla clemenza ». — Gran burlone, colle sue iscrizioni questo Fuentes, il quale , il medesimo, che nel-1 iscrizione del demolito trofeo di porta Ticinese si vantava d'aver riunite le acque del Verbano, del Lario, del Po, eoi navigli !
Sulla facciala, a destra del palazzo di Giustizia — ora sede dei tribunali e della Corte d'assise — è la lapide ricordante la gogna e la lettura della sentenza di morte soffertavi dai Carbonari del 1821 ; nessuna lapide, però, ricorda l'uguale procedura subitavi nel 1835 dai compromessi nelle cospirazioni della Giovine liutai.