204 J'arte Seconda — Alta Italia
Scala. Nel posto ove fu il teatrino ducale,diMlite il Regno Italico venne creila quella sala delle Cariatidi, che ebbe per molli anni celebrità europea.
Si accede al palazzo dal piazzale prospiciente al Duomo, ove tre grandi porte, una per lato, vi danno accesso : la porta d'onore è quella centrale; e di là i visitatori accedono agli appartamenti regali. Questi sono ricchi, ben decorati, senza essere eccessivamente fastosi. Vi ha larga parte l'arte caratteristica del principio di questo secolo, lo stile detlo impero. Quasi in ogni sala vi sono buone pitture ed arazzi, tra cui di fabbrica dei Gobelins, già appartenenti, si dice, al cardinale Mazzarino : nelle pitture se ne hanno di Bernardino Duino, freschi riportati dalla l'allieva, di Appiani, di Knoller, di Ilayez, di Palagi, del Tra bai lesi, dell'Albertolli. Nella vùlla della sala detta delle udienze è il grandioso dipinto di Andrea Appiani, rappresentante Minerva che o§H a Clio uno scudo culle imprese napoleoniche, forgiato da Vulcano; una delle opere maggiori di questo pittore che fu veramente uno dei fortunati, prediletto, più clic dal genio, dal nume d'allora: Napoleone. Nella sala del trono lo slesso Appiani dipinse il suo capolavoro, allegorico al nume del momento : Giove dominatore della Terra e le Quattro Virtù, che non eran certo quelle della Corte ricercale di Milano, né tampoco di quella reale ed imperiale di Parigi. Nella sala della Ilo-tonda, l'Appiani, a festeggiare le nuove nozze dell'imperatore, dipinse Paco ed Imeneo : l'una e l'altro ben poco gustata dal battagliero Còrso.
La gran sala delle Cariatidi si apre sull'ala sinistra del palazzo ; è cosidetta dai quaranta colossi alternati, mascolini e femminini sorreggenti il ballatoio destinato ai musici, ed a coloro che.nelle feste di gala non possono prendere parie, se non come semplici spettatori. Le cariatidi, in stile accademico, giusta l'usanza del tempo furono modellate dal parmigiano Gaetano Callani, mentre le statue superiori, iti marino, sono opera di Giuseppe Franchi di Carrara. Gli stucchi, d'ottimo gusto, sono di Giocondo Albertolli ; e dell'Appiani sono i chiaroscuri che fregiano tutto all'inibirò il parapetto del ballatoio, nei quali, con rara maestria e fecondità di concetti, ritrasse tutte le imprese di Napoleone, dalla battaglia di Montenotte alla sua incoronazione ad imperatore. Per l'apoteosi finale del nume vivente, era destinata dall'Appiani la gran medaglia del soppalco ; ina la fortuna napoleonica precipitando e la paralisi avendo colpito al braccio destroil pittore cortigiano, il lavoro restò al solo bozzetto. Nel 1837, Francesco Ilayez, per 45,000 lire austriache ri dipinse, iu occasione dell'incoronazione di Ferdinando I, l'apoteosi della Casa d'Austria! Oh l'arte, quando comincia a farsi cortigiana ! Non si sa mai liti dove arriva !
Palazzo dell' Arcivescowirto (via omonima e piazza Fontana). — Diviso da una stretta via dal Dalazzo reale, il palazzo arcivescovile, sorge sul-
l'area stessa ove dieci secoli or sono sorgeva la prima sede dei successori d'Ambrogio, nelle vici nanze delle antiche cattedrali, l'estiva e la jemale, poscia della sede del governo, cioè il palazzo dei Consoli e dell'Arengo. Fin al secolo XII il palazzo degli arcivescovi in Milano, era detto palazzo milanese, quasi a dinotare che la città fosse tutt'uno colla sua chiesa specialeed il suo pastore. Dalla distruzione di Barbarossa, la dimora arcivescovile sorse, per opera di Caldino, con maggiore ampiezza e splendore della primitiva, sulla quale si era specialmente sfogata l'ira delle orde germaniche. La ricostruzione durò tre anni dal ì 108 al 1171. Più tardi, OttoneVisconti (1202-95) e Giovanni Visconti (1342-54), entrambi arcivescovi e signori ili Milano, vi aggiunsero ampiezza ed abbellimenti. E nel risveglio del Rinascimento l'arcivescovo Guido Antonio Arcimboldo (1488-1497) lo volle ornare alla bramantesca — lo stile allora in fiore in Milano — ma la morte dell'artistico prelato, lasciò i lavori incompiuti, limitati al solo prospetto verso piazza Fontana.
Quasi un secolo dopo, San Carlo Borromeo, il
Ìualc non sarà certo accusato di inoperosità, afilò al Pellegrini la ricostruzione, il rimaneggiamento del palazzo, condotto nell'intento di attirarvi a vita in comune tutto il clero metropolitano, coordinando il palazzo a casini per ciascun canonico.
Ma questa riforma non incontrò il favore del Capitolo, che amava la propria indipendenza: e San Carlo, sospendendo la costruzione dei casini, chiamò ad abitare quelli già eretti gli Oblati, da lui istituiti. Del Pellegrini sono il magnifico cortile a due ordini, dorico sotto e ionico sopra, a bugne, con ornati d'ottimo gusto ; l'ampio scalone, ed un altro a chiocciola, di servizio nonché la maestosa porta verso piazza Fontana. L'assetto attuale del palazzo fu dato sullo scorcio del secolo passato dal Piermarini,
Ciò che ha di più notevole internamente il palazzo arcivescovile di Milano, sono i due cortili : i! primo, al quale si accede da piazza Fontana, appartiene in buona parte alla fabbrica ordinata dall'Arcimbohlo; e a porticato per tre lati; gli archi sono a pieno centro, e rimarchevolissimi i capitelli bramanteschi, che lo ornano.
Intorno a questo cortile si stendono specialmente gli appartamenti riservati dell'arcivescovo. Dal cortile bramantesco si passa in quello detto della Canonica, una delle, migliori opere del Pellegrini, tanto ne appare di primo acchito la grandiosità, relegauza, l'armonia delle linee. E di pianta rettangolare con sette arcate ai lati maggiori e sei ai minori. I due pozzi monumentali ai due lati maggiori del cortile hanno forma turrita. In uno dei lati minori sono provvisoriamente collocate due statue colossali di bellissima fattura 1 ima del Tantardini (Mose) e l'altra dello Strazza (Aronne) destinate all'interno del Duomo; ma