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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Milano
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1894, pagine 547

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Milano
   191
   sì di giorno elio di notte, colle baionette inastate e le spade arrotate. Esimisi dalla città tutti gli svizzeri ticinesi, anche quelli che vi erano per le più plausibili ragioni di commercio o d'industria ; sotto sequestro i beni dei cittadini emigrati e che avevano avuto una qualche parte nei fatti del 1848. Uno stato d'assedio eterno rincrudito da vessazioni d'ogni sorta, artitiziosameiite concertate tra polizia e Comando militare al solo effetto di provocare, eccitare gli animi a qualche inconsulto atto d'impazienza, di protesta, onde poi avere ragione d'imprigionare, di far lavorare la forca, piantata in piazza d'anni, ed il bastone in Castello. Poiché, questo fu il periodo della bastonatura, colla quale si punivano, si correggevano le contravvenzioni minime alle draconiani disposizioni del Comando militare e della polizia, stretti l'uno e l'altra in fratellevoh accordo nel martoriare quanto più si poteva la cittadinanza allo scopo di terrorizzarla e renderne impossibile ogni reazione.
   Le fucilazioni sommarie cadevano in quei primi mesi di reazione, fitte come la gra-guuola; nel Museo del Risorgimento, ai Giardini pubblici, sono indicate le date e le vittime, delle quali si può farne un lungo elenco.
   Il popolo soffriva ; mordeva le catene, ma non disperava, e si preparava a future riscosse. Vi fu un baleno di speranza, nella breve campagna del 18l'I; ina il disastro ili Novara, al quale dopo pochi mesi d'intervallo susseguivano quelli di Roma e di Venezia, ripiombava definitivamente, quasi senza speranza di prossimo risollevamento, tutta l'Italia superiore fineno il Piemonte) in balìa dell'Austria.
   L'armistizio Salasco prima, e la pace tra il Piemonte e l'Austria, salutata il 7 agosto 1849 con cento e un colpi di cannone dal Castello, furono per ì Milanesi le sentenze che li condannavano e irremissibilmente a nuovi anni di durissimo servaggio. Vllora, dimesso il pensiero delle subite riscosse per forza d'anni, fu ripreso il tilo delle cospirazioni, onde preparare gli elementi e gli animi ad una futura rivoluzione. Anima di queste cospirazioni fu il partito mazziniano che in Milano lavorava dì conserva con Genova, prendendo affiatamento con Mazzini stesso ed i suoi più fidi amici, residenti in Lugano ed in Capo lago, donde colla famosa Tipografia Elvetica, diffondevano in Milano, nella Lombardia tutta ed anche in Piemonte, scritti atti a tener vivo nell'animo popolare i sentimenti della devozione e dell'abnegazione per la causa nazionale.
   La preparazione del moto col quale si sperava di risollevare la città in armi alle gloriose imprese del marzo 1848, fu lunga, difficile, penosa, attraversata da ostacoli inorali, materiali e finanziari, da sospetti, da sorprese poliziesche, da imprudenze, da delazioni di affigliati o pavidi od infidi. La polizia, tutt'occhi e tutt'orecchi, dove metteva mano lasciava il segno. I)i queste cospirazioni è vittima in Milano il popolano Antonio -ciesa, colto dai poliziotti, la notte dal 30 al 31 luglio 1851, mentre stava affiggendo un manifesto stani]iato clandestinamente, in risposta ad altro proclama di Radetzky, minacciante vendette e rigori per l'uccisione proditoria del medico Vandoni, che aveva denunziato un suo collega, il dottore Ciceri, quale possessore e propagatore di cartelle del prestito mazziniano. Lo Sciesa, colto sul fatto, fu condotto in Castello e sottoposto a giudizio statario, condannato a morte mediante fucilazione, non potendoglisi < per mancanza di giustiziere > applicare il capestro. La mattina del 2 agosto, mentre dal Castello lo si conduceva fuori di Porta Sempione al luogo del supplizio fu sollecitato a parlare, a dire, se voleva salva la vita, da chi aveva avuto i manifesti che stava affiggendo. Egli alla odiosa profferta non ebbe che una risposta nella quale è tutto uu poema d'eroismo: < Tiremm innanzi >.
   Sul campo dell'esecuzione, l'ufficiale auditore, prima che gli fossero bendati gli occhi, lo sollecitò di nuovo a palesare i complici ricordandogli la moglie ed i figliuoletti che lui, povero operaio, lasciava nella squallida miseria senza sostegno: egli senz'esitare rispose ancora: < Penserà la provvidenza». — Ed un istante dopo l'eroico popolano cadeva trapassato da sei palle austriache.