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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Milano
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1894, pagine 547

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   J'arte Seconda — Alta Italia
   D'altro, orribilmente mutilate, si trovarono gli avanzi mal sepolti nelle fosse del Castello. Infinito il numero dei feriti, dei quali rigurgitavano l'Ospedale Maggiore e tutti gli altri istituti sanitari, senza contare quelli — e furono nel maggior numero — che si fecero curare a domicilio. Moltissimi in causa di queste ferite morirono nel successivo mese di aprile, onde si può dire che la riscossa delle Cinque Giornate costò a Milano più che ottocento vite, oltre ad un considerevole numero di cittadini rimasti mutilati, deformi, malconci per tutta la loro vita.
   L'insurrezione di Milano ebbe un effetto immenso 111 tutta l'Italia superiore. A Torino ed a Genova sollevò gli animi al più alto entusiasmo. Frotte di cittadini, da Torino, da Genova, da Vercelli, da Novara, correvano armati in Milano onde portare il loro aiuto ai fratelli lombardi. Gli avvenimenti si imponevano, ed il Governo sardo rompendo le riserve, per bocca di Carlo Alberto al popolo adunato e plaudente nella piazza Castello di Torino, sotte la loggia del palazzo reale, bandì la guerra d'indipendenza. Il giorno 26 marzo 1848, nelle ore pomeridiane i primi battaglioni dell'esercito piemontese accolti con indicibili, fraterne dimostrazioni, entravano in Milano, in attesa del grosso dell'esercito e del re, per proseguire nel Veneto ove da Venezia, ribelle all'Austriaco e libera, era invocato l'aiuto fraterno, ed ove Radetzky ed i suoi, campeggiando nel Quadrilatero, aspettavano rinforzi riparando alla meglio ai danni del patiti) disastro.
   * *
   Non è del nostro compito in questo momento seguire le vicende della campagna, gloriosa por le armi piemontesi, ma sfortunata politicamente ed infine anche militarmente, di quell'anno. Diremo solo, che alle ridenti speranze concepite in Milano nei primi giorni della libertà, 11011 conseguirono i fatti. La campagna cominciata brillantemente, sì che in poche marcie aveva portato le armi sarde sul Mincio, piegò a contraria fortuna ; tanto che nella notte dal 5 al 6 di agosto di quell'anno medesimo, mentre le truppe sarde evacuavano la città da Porta Vercellina, stilando lungo la linea dei bastioni, gli Austriaci ili Radetzky vi entravano per la Porta Romana. Non solo in Milano, ma in tutta Italia si accolse con dolorosa stupefazione quel fatto, a compiere il quale concorsero tristizia e malvolere, e sugli autori del quale ogni severa condanna della storia non sarà mai soverchia.
   Risvegliandosi alla mattina del 0 agosto in possesso di quel Radetzky, che nelle giornate gloriose di marzo aveva fugato, Milano comprese subito la dura sorte che l'aspettava, e chissà per quanto. Un silenzio di morto si fece nella città, in attesa degli ordini del generalissimo. I quali non si fecero attendere. Disarmo generale e rassegna delle armi; comminatoria la Corte marziale e successiva immediata fucilazione per chi nelle improvvise perquisizioni fosse trovato in possesso di armi. Instaurato il regime poliziesco esistente prima della rivoluzione, aggravato dalla necessità di premunirsi contro le sorprese dell'avvenire e dalle rappresaglie e dalle basse vendette inspirate dallo scacco subito. 11 regime militare, in via eccezionale, ebbe prevalenza su ogni altro, ed il Governo non ebbe altro lavoro che levar contribuzioni e taglie di guerra sul paese, ed occuparlo di baionette, di sentinelle, di corpi di guardia, di proibizioni, di intoppi dovunque. L'esodo dei migliori in Isvizzera e nel vicino Piemonte, cominciato negli ultimi giorni della libertà, continuava di giorno in giorno, man mano che i rimasti si accorgevano essere la vita e la sicurezza loro inconciliabili col nuove ordine di cose. Lutti, dolori, disgrazie e persecuzioni poliziesche in ogni famiglia, avendo ogni famiglia qualcuno dei suoi membri, 0 inquisito, 0 esule, 0 fuggiasco, 0 compromesso. Annullata l'inviolabilità del domicilio, e più ancora quella del segreto postale, tutto dovendo essere visitato, indagato, controllato e pesato dalla polizia. Obbligata la chiusura delle porte a certe ore, impedita nei primi tempi la circolazione delle vetture, impedito il snono delle campane, anche per il segno delle funzioni religiose; pattuglie percorrenti la città