Milano
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sicuro di dominare l'insurrezione. Caddero in quel giorno in potere degli insorti, il palazzo del Comando generale a Brera, le caserme di Sunt'Eustorgio a Porta Ticinese, di San Vittore il Grande a porta Vercellina. di San Simpliciano a Porta Comasina. Verso sera le truppe avvertite della imminente ritirata avevano evacuata Porta Nuova; da Porta Comasina, invece, furono cacciate dai cittadini aiutati dai suburbani, i quali erano venuti a forzare la Porta Ticinese ed entrare da quella parte e dal vicino bastione abbandonato dalle truppe, in città. A stento dunque sul far della sera, il generalissimo Radetzky potè raggruppare le sparse membra di quel formidabile suo esercito, col quale pochi giorni prima si vantava, ad un batter di ciglio, di poter distruggere, polverizzare Milano. < Radetzky — scrive Cattaneo — per celare la sua ritirata, giovossi della prima oscurità: faceva battere tutti i suoi tamburi e tuonare tutti i cannoni, quasi intraprendesse un disperato assalto; aveva messo il fuoco a varie case. Mentre io mi sforzava riconoscere da luogo alto la posizione degli editici che si vedevano ardere a levante e settentrione, ad un tratto divampò verso ponente, dietro i torrioni del Castello, una colonna altissima di fiamme, come se d nemico fosse a distruggere quel ricovero che non poteva difendere. Ma era solo una vasta congerie di paglia, di carri e di masserizie ch'egli abbruciava nel gran cortile d'anni, per consumare, a quanto sembra, i cadaveri dei suoi, giusta il costume di occultare quelle tristi prove della sconfitta. Dicono ardesse, morti o vivi, anche alcuni prigionieri e ostaggi dei quali nulla più si seppe e nessuna reliquia rimase!
< Mentre il bagliore delli incendi e lafuria delle artiglierie teneva intento il popolo, le colonne nemiche, richiamate da ogni parte e ammassate dietro il Castello, sfilavano dense e furtive sui viali del bastione. Ma molti dei cittadini, fatti accorti della mente del nemico, accorrevano a tribolarlo, prodigando oramai essi pure il foco, dacché nella sola caserma dell'Incoronata avevano rinvenuto ventiquattro migliaia di libbre di polvere. Al di fuori, i montanari si aggrappavano sugli arbori e sui tetti delle case, per trarre di piano sul bastione. Di tempo in tempo, e quando quella molestia era troppo grave, ì battaglioni nemici sostavano rispondendo con numerose scariche. Li assidui colpi cingevano la città d'un semicerchio scintillante ; col mutare del vento udivasi, ora più da una, oca più dall'altra parte, il battere a stormo (lei sessanta campanili ormai tutti liberi.
< 11 nemico s'inoltrava lento e stanco fra mille ostacoli; in qualche luogo trovò il bastione già ingombro di piante atterrate; spese tutta la notte a trarsi fuori della città. Doveva condurre seco le artiglierie, le bagaglie, i feriti, più di trecento famiglie d'officiali e d'impiegati stranieri, i decrepiti generali, li sventurati, che il capriccio militare aveva fatti ostaggi, e qualche migliaio di soldati italiani Molti di costoro erano stati saldi contro i colpi dei fratelli; ma non tutti sapevano rassegnarsi a seguire nella fuga lo straniero. Alle crociere delle vie, dove era facile sottrarsi, i generali paravano loro in faccia la bocca del cannone; alla menoma esitanza, si udivano li officiali gridar loro: < 0 avanti o morti >.
< Alla fine il nemico fuggiva. Quei cinque giorni gli erano costati quattromila morti. Di quattrocento cannonieri erano avanzati cinque; l'artiglieria era data a condurre ai cacciatori tirolesi. Ecco ov'era giunto in breve quel vecchio provocatore, che colle sue violenze avendo tratto un popolo mansueto a farsi disperatamente ribelle, minacciava per barbara iattanza di domarlo con le bombe e il saccheggio e li altri mezzi ».
Con questo grandioso quadro finale dell'esercito austriaco in rotta, si chiude degnamente la cronaca dell'epica lotta sostenuta dai Milanesi per la libertà. La vittoria costò ai Milanesi quasi cinquecento morti (non essendosi potuto precisare il numero delle vittime della ferocia di Radetzky in Castello o de' suoi soldati in altre località) pressoché tutti identificati, in gran parte caduti durante il combattimento, o morti per ferite nei giorni immediati, a tutto il 31 marzo. Fra i morti si identificarono cinquanta donne.