188
J'arte Seconda — Alta Italia
sulla piazzetta di San Pietro in Gessate. Altre, sempre sotto la direzione del Carnevali e del Borgocarati, ne furono costrutte nel vicino Orfanotrofio (Martinitt) diventato un ridotto fortificato degli insorti. Quivi eransi pure portati due cannoncini, die il Consiglio di Guerra era riuscito a far fondere e due antiche spingarde montate su affusti. Tali i preparativi fatti nel pomeriggio e nella notte della quarta giornata. All'indiinani la battaglia doveva essere e decisiva. Già all'alba, fredda e piovigginosa, le campane del quartiere, nonché quella lontana della chiesa di Calvairate, suonavano a stormo preannunziando la battaglia. Gli Austriaci, dai bastioni colla ìuosclietteria ed i cannoni molestavano il vicino Conservatorio di musica dove allora eran raccolte numerose alunne. Queste furono fatte uscire e condotte, in più sicuro luogo, nella casa del conte Renato Borromeo, direttore del Conservatorio medesimo. Balla porta, gli Austriaci, colle loro artiglierie a mitraglia tenevano ben spazzato il lungo, largo e diritto stradone. Gli insorti opposero a questo tiro nutrito quello dei due cannoncini avuti nella notte, mirando con questi di sfondare la porta onde dar adito agli aiuti venuti dalla campagna e che si sentivano di fuori molestare colla loro moschetteria i nemici alle spalle e suj bastioni. Nello stesso tempo si cominciarono a mettere in moto i grossi rotoli di fascine che proteggevano sotto il fuoco della moschetteria e della mitraglia nemica gl'insorti. L'ampio corso fu conquistato, palmo a palmo, passo per passo, sotto un fuoco micidiale. Le artiglierie degli insorti, sebbene scarse di munizioni e quasi improvvisate, fanno miracoli Molti animosi, spingendosi (li casa in casa, per le aperture interne preventivamente praticate, salgono sui tetti delle ultime e di là, in posizione fortissima, aprono un fuoco micidiale sul fitto delle truppe nemiche attenuanti la porta e spiegate sui bastioni. Fu combattimento dell'intera giornata, toccando tre fasi acute: alle 11 antimeridiane, alle 3 pomeridiane, e dalle 5 alle 7 della sera, quando cioè, gli Austriaci ritenuta insostenibile la posizione si ritirarono disordinatamente verso Porta Orientale (Venezia). Nei vari assalti dati dagli insorti alla porta avevano dovuto successivamente piegare i Reisinger, i Tirolesi, gli Ungheresi ed 1 Croati, lasciando numerosi morti intorno alle fabbriche dei dazi, e sui bastioni vicini. Alcune case del corso erano incendiate, così quelle dell'immediato sobborgo e della strada di circonvallazione. Tanto durante il combattimento, quanto nella loro ritirata gli Austriaci non si trattennero dal saccheggiare, distruggere tutto ciò che rinvennero nelle case in cui poterono penetrare, maltrattandone, percotendone, ferendone gli abitatori, per lo più inermi, donne, vecchi, fanciulli ed infermi.
Nel triplice assalto, e nella presa di Porta Tosa, il popolo milanese scrisse nella storia del valore italiano una pagina di insuperato eroismo; e la epopea popolare, che la storia consegnò nelle sue pagine più belle, sarà dall'arte possente (li Fidia e di Michelangiolo tradotta in bronzo ed in marmo nel monumento grandioso, del quale Giuseppe Grandi, mentre scriviamo, sta attendendo alle ultime opere: e che fra qualche mese, crediamo, nella ricorrenza del grande avvenimento, sul luogo stesso con tanto accanimento contrastato e conquistato, canterà altissima ad un tempo la gloria del valore e dell'arte milanese.
Numerosa è la lista dei cittadini che con atti di parziale valore si distinsero nella presa di Porta Tosa. Ci basti fra i molti accennare ai nomi di Andrea Cazzatomi e Giuseppe Potetti, che nella impresa lasciarono eroicamente la vita; e fra i duci, ricordiamo Luciano Manara, Enrico Cernuschi, Luigi Torelli, Mazzucchelli, Dalbono, Cardani, Bardoni, il sacerdote I)e' Vigili, il parroco della Passione, il conte Luigi Archinti, Paolo Biraghi, porta-bandiera della compagnia guidata dal Manara e tanti altri che qui sarebbe lungo enumerare, ma che rappresentano la collettività del popolo milanese nell'eroica pugna.
Questa quinta giornata (22 marzo) fu da ogni parte disastrosa per il maresciallo clie tino all'ultimo momento, lo dicono le sue lettere ed i suoi proclami, si riteneva