Milano
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Il palazzo del Genio difeso da poderoso nerbo di truppa fu preso per l'eroismo di Pasquale Sottoeorno, che sotto il fuoco dei nemici, si lanciò a bagnare la porta del palazzo con acqua ragia e ad incendiarla, persistendo, sebbene ferito ad una gamba, nella bisogna tino a che non vide la porta avvampare ed aprirsi il valico ai cittadini assediatiti, che nell'andito e nel cortile fecero un brillante attacco alla baionetta, costringendo i centosessanta granatieri, da cui il palazzo era difeso, a darsi prigionieri. In questo fatto, che fu uno degli episodi più caratteristici di quella eroica lotta del popolo per la sua libertà, cadde anche Augusto Anfossi, che poco prima agli archi di Porta Nuova aveva respinto un drappello di granatieri ed un cannone, ed aveva su quell'antico monumento piantata la bandiera tricolore, baciandola sotto il fuoco nemico.
10 storico, come Epaminonda, lieto della vittoria dei suoi >.
Agli atti d'eroismo, il popolo combattente e vittorioso, accompagna quelli di generosa bontà. Infiniti gli Austriaci e Croati, raccolti feriti, estenuati sulle strade, curati e rifocillati, insieme ai nostri; quanto crudele e barbaro, contro ogni diritto delle genti, fu
11 trattamento riserbato dagli Austriaci ai prigionieri in Castello e negli uffici della polizia, altrettanto umano e generoso fu quello dei Milanesi verso gli ufficiali e i soldati che si arrendevano. Perfino l'odiatissimo conte Bolza, il commissario di polizia esecutore spietato degli ordini del truculento maresciallo e del tristo Torresani, rinvenuto, tremante in un pagliaio, nascosto sotto uno strato di fieno, colle tasche grottescamente riempite di pane e di formaggio, dalla generosità di quel popolo, che da mesi egli si era divertito a provocare, ad insidiare, a far sciaboleggiare dalla sua sbirraglia, ebbe la vita salva. Il Torresani, travestito da gendarme s'era sin dal principio rifugiato in Castello al seguito del generalissimo Radetzky, abbandonando vilmente le donne di sua famiglia, la moglie, la figlia, la nuora insieme ai loro bambini. Ed a questi pure non fu torto 1111 capello, anzi accordata protezione e difesa; cosi della contessa Spaur, moglie del presidente di Governo — già fuggito a Verona — che, fin dal primo giorno, alla presa del palazzo del Governo, ebbe non solo salva la vita, ina potè mandare a riprendere da un giovane ch'era fra gli insorti una casseri ina di gioielli e di memorie per lei preziose, dimenticata nel terrore della fuga ne'suoi appartamenti. Ciò però non impedì alla nobile contessa dì esternare la propria gratitudine ai Milanesi, invocando su di essi e sulla loro città le maggiore sventura, la vittoria cioè di Radetzky.
Nella quarta giornata la lotta dei cittadini fu specialmente intesa ad avanzarsi verso la periferia, onde impadronirai delle porte e tagliare al nemico la linea dei bastioni, col duplice obbiettivo di rompere la cerchia armata da cui la città era pur sempre stretta e dar adito ad entrare ai soccorsi ed alle vettovaglie del di fuori. L'attenzione e le cure del Consiglio di Guerra erano per molte ragioni più specialmente dirette a Porta Tosa (ora Porta Vittoria), come quella che essendo più discosta al Castello avrebbe, colla sua presa, di subito avvantaggiate le condizioni della città. Ma non era cosa di lieve momento il farlo. Porta Tosa, coi bastioni laterali gremiti d'armati, colla vicina caserma di Santa Prassede, poteva essere difesa da circa tremila soldati con parecchi pezzi d'artiglieria. Di più il quartiere allora poco popoloso, il largo stradone, mal si prestavano alle barricate, agli asserragliamenti, alle formidabili irruzioni della folla, mentre era in tutto favorevole alle evoluzioni delle truppe. Pure era d'uopo prenderla, perchè rotta in quel punto la linea nemica, la vittoria sarebbe stata pei cittadini decisiva. La cosa fu sommariamente studiata dal Consiglio di Guerra, insieme ai più competenti; e fu accolto il consiglio di Antonio Carnevali, antico professore di matematica alla scuola militare di Pavia durante il Regno Italico, di faro delle barricate mobili mediante fascine collegate in grossi fasci cilindrici del diametro di inetri 3 circa, e lunghe metri 2.11 pittore Gaetano Borgocarati, giovane qnant'altri mai animoso, che aveva avuto parte in più d'un fatto brillante nelle precedenti giornate, si propose di dirigere la costruzione di queste barricate mobili, di cui tosto, da una mano di volenterosi s'impiantò il cantiere