Milano
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Nei due primi giorni la penuria delle, munizioni andava in ragione quadra colla insufficienza delle armi. Rare volte per parte degli insorti si spendeva 1111 colpo dove la vicinanza del nemico non ne rendesse quasi certo l'esito. 11 fuoco dei Milanesi era dunque lento, raro, ma micidiale, all'incontro di quello degli Austriaci, clie ridondando d'armi e di munizioni, ne facevano spreco sino a tirar contro le gelosie delle finestre, sin a lanciar palle da cannone contro balconi deserti e comignoli. Molti cittadini inermi stavano nell'agguato, per impossessarsi delle armi delle pattuglie o dei piantoni, ed altri 11011 paventavano di lanciarsi, fra la zuffa, sui caduti, per spogliarli delle armi e delle munizioni. In piazza del Carmine, un popolano, sciancato nelle gambe, non si peritò dallo spegnere la miccia d'una bomba lanciata dal Castello, sedendovisi sopra e provocando le risa e gli applausi della folla terrorizzata pel paventato imminente scoppio.
Dopo il terzo giorno, colla presa di tariti edifici nei quali gli Austriaci avevano agglomerate armi e munizioni, questa penuria ebbe fine, e fu più agevole ai cittadini il far fronte al nemico.
Circa mille e settecento barricate si contavano al terzo giorno nella città, fatte di sassi, di mobili, di carri, di carrozze rovesciate, di balle di mercanzia, di tegole, di materiale d'ogni genere. Presso il Duomo ne fu fatta una colle carrozze di Corte e con tutto il materiale che dieci anni prima aveva servito alle feste peli incoronazione dell'imperatore. Gli allievi del Seminario arcivescovile portarono i loro letti per formare la barricata sul largo di Porta Orientale (ora Venezia) sotto il fuoco più micidiale della nioschetteria e dell'artiglieria. Tra la via Cusani e la via Rovello, una ne venne eretta con lastroni di macigno legati da catene di ferro e sostenuti da terra, contro la quale furono invano sparati settantadue colpi di cannone.
Più si faceva evidente ed irreparabile la loro disfatta, più i soldati commettevano cose atroci; in casa Portis a porta Vigentina (ora Magenta) furono trucidate undici persone inermi, rubando quanto si potè in danaio e in stoffe di seta, distruggendo, incendiando il resto: nelle tasche d'un Croato morto sì trovò una mano femminile adorna d'anelli; brani di corpi muliebri si rinvennero, mal Sepolti, nel Castello; più d'una famiglia fu arsa viva; infilzati sulle baionette i lattanti; stuprate donne e ragazze rinvenute nelle case invase; nel ruolo dei morti si contarono più di cinquanta donne, alcune delle quali, però, vanno annoverate fra i combattenti, ove tennero il loro posto con valore; alcuni ufficiali superiori austriaci assistettero, plaudendo e ridendo, alla impiccagione ad un lampione d'un giovane popolano, che sorpreso da una pattuglia notturna, mentre rincasava, non voleva lasciarsi condurre prigioniero in Castello; furono uditi molti ufficiali, che pure avevano grandi titoli di nobiltà, ed avevano frequentata la miglior società, aizzare i soldati a crudeltà e nefandezze d'ogni genere.
Ciò non impedì che alla sera della terza giornata la bandiera tricolore non sventolasse sulla guglia massima del Duomo inalberatavi da due arditi cittadini, Luigi Torelli e Scipione Bagaggia. Gli insorti erano padroni della cerchia più interna e popolosa della città; la cerchia cioè del naviglio interno. Gli Austriaci erano respinti alla zona esterna, ed alla linea dei bastioni, ormai troppo lunga per essere mantenuta con speranza di successo Mancavano loro le vettovaglie e difficile l'approvvigionamento dei corpi (pia e là distaccati. I soldati, quando potevano, vivevano di ruberìe nelle case o nelle botteghe; gli ufficiali ermi stati visti a divorare le razioni di pan nero dei soldati. La dissoluzione s'infiltrava sempre pili nell'esercito del maresciallo, mentre nell'animo dei Milanesi si faceva ognora più strada la certezza della vittoria finale.
Per comunicare coi combattenti, ormai stesi in una larga periferia, il Consiglio di Guerra adottò una specie di posta ideata dal Cerniischi, che impiegò all'uopo gli allievi dell'orfanotrofio maschile, detti i Martimit. Quei giovanetti, riconosciuti pel loro vestimento, attraversavano rapidamente la folla che stazionava nelle vie e nelle piazze intorno alle barricate, prestando opera sollecita e sagace nel portar lettere, avvisi,
21 — I,ii I*atrla, voi. 11.