Milano
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sninngimeuti che In resero sì odiato dal popolo, per versarne il prodotto nella voragine mai colina delle guerre napoleoniche ; il commercio, al quale eran state tolte le antiche pastoie, prosperava e dilata vasi; crescevano industrie nuove e rifiorivano le antiche, prima fra tutte l'agricoltura a cui giovarono grandemente le nuove strade aperte-dovunque, le nuove opere idrauliche ed irrigue, ed i miglioramenti introdotti alle antiche. Rifaeevasi vivo e scintillante il carattere antico degli Italiani, a cui giovava la ripresa abitudine delle armi, dopo quasi tre secoli d'imbelle inerzia e di passiva obbedienza a dominazioni straniere.
Questo stato di cose fortunato per Milano si prolungò anche quando Napoleone, proclamatosi imperatore di Francia, trovò necessario cambiare la Repubblica Italiana in un Regno, cui diede da governare in suo nome, al figliastro, Eugenio di Beauharnais, col titolo di viceré. Ma prima, con una cerimonia straordinariamente fastosa, della quale a lungo è durata la memoria, Napoleone volle affermare il nuovo suo diritto, facendosi incoronare re d'Italia, nel Duomo di Milano (16 maggio 1806), cingendo egli stesso quella Corona Ferrea, che dicevasi avesse servito ai re longobardi ed ai re cosidetti italiani — mentre ciò non era — e che da Carlo V in poi, non aveva più tocca testa di monarca. E noto che al momento in cui l'arcivescovo Caprara stava per mettergli sul capo la corona, egli stesso la prese e se la pose in testa, pronunciando altamente, con quella voce gutturale che gli era propria, le famose quanto vane parole: < Dio ine l'ha data, guai a chi la toccai
Con questo fatto Milano si trovò alla testa d'uno Stato di 24 dipartimenti, che dalle Alpi andava fino alle Marche, a Fermo e Macerata: comprèndente una popolazione di 6,700,000 abitanti e 2155 Comuni; la terza parte cioè dell'Italia e degli Italiani d'allora. Il dipartimento dell'Olona era diviso in quattro distretti, cioè, Milano, Pavia, Monza e Gallarate. La popolazione di Milano allora era calcolata in 127,000 anime, e vi erano diciotto scuole normali, due ginnasi, un liceo, e collegio militare; l'Accademia di Belle Arti con premi e pensioni annuali. Inoltre furono aperte scuole speciali di alto insegnamento: cioè scuoio di alta legislazione, cui presiedette Gian Domenico Romagnoli, mente universale, dalla (piale irradiò luce di sapere infinito su tre generazioni; scuola di farmaceutica, diretta dal Forati; di chirurgia, sotto il Monteggia: di ostetricia col Giani; di anatomia tenuta dal celebre medico Paletta, il cui nome è ancor oggi popolare in Milano; di diritto pubblico e commerciale, condotta dal Solfi; di eloquenza pratica e legale dall'Anelli! di letteratura greca dal Morali, e di disegno dal Bossi. Viva e numerosa efflorescenza di artisti, di letterati, di scienziati intorno a queste istituzioni, a questa Corte, a questa città, ove concentravasi allora il bello ed il meglio d'Italia. Godeva gli onori massimi dell'olimpo, Vincenzo Monti, poeta piaggiatore dei potenti, comunque fossero, che con smancerie napoleoniche tirava a far dimenticare la BasvìUiana, amareggiato dagli atroci frequenti attacchi del Foscolo, che, solitario e fiero in tanto servilismo, in tanta dimenticanza della dignità umana e della libertà, di fronte all'astro trionfatore del momento, erompeva da quando a quando in qualche generosa protesta o scritta o parlata, che gli fruttava poi persecuzioni, vendette, dolori, miseria; unica voce, la sua, che rompesse il coro di quegli adoratori del presente, pronti a cambiar ritmo e voltar casacca non appena gli eventi avessero dato volta alla fortuna napoleonica. Camillo Pacetti, che si volle emulo di Canova, preparava marmi per la facciata del Duomo e per l'arco di trionfo del Sempione; Longhi emulava Morghen nella finezza del taglio e nel gusto delle incisioni; scienziati come Isimbardi, Spallanzani. Breislak, Amoretti, Malacarne, studiavano il suolo ed il sottosuolo, la flora e la fauna di Lombardia e d'Italia; Campana dirigeva un istituto topografico, gareggiante coi più celebri allora esistenti in Europa, e che diede una carta dell'Italia superiore, per lungo tempo fondamento a quante altre Se ne fecero in appresso ; il Morosi ampliò e perfezionò di nuovi meccanismi Tanti-