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l'arte Seconda — Alla Italia
così indofinite, che un batter di ciglio del governatore spagnuolo bastava per annullarne, insieme alle deliberazioni prese, ogni autorità morale. Infatti, più d'una volta, in causa di conflitti, fu dai governatori detto e mandato dire al Senato: « Il re comanda a Madrid, io a Milano >. — Sulla onestà di cotesti ministri o governatori correva per tutta Italia il proverbio: « 1 ministri del re di Spagna in Sicilia rosicchiano, in Napoli mangiano, a Milano divorano ». — Della boria di costoro si hanno nei ricordi del tempo tratti caratteristici, fra cui, fino a qualche anno fa, rimase il famoso Trofeo del ponte sul Naviglio di porta Ticinese, nel quale un'iscrizione tanto sciocca quanto bugiarda, attribuiva al governatore, spagnuolo Don Pedro Enriquez de Azevedo j Fuentes le aperte comunicazioni per mezzo dei navigli, tra il Verbano, il Lario ed il Po: — la prima dovuta al libero Comune, l'altra a Francesco Sforza e la terza a Napoleone I!
Le iscrizioni spagnuole, o meglio del tempo spaglinolo, che al Museo, ed in vari punti della città ancora si conservano, sono pressoché tutte dal più al meno, se non totalmente bugiarde come questa del Fuentes, improntate alle più rigonfie e boriose amplificazioni.
In tanta prostrazione d'animo e d'idee fu un raggio di luce il periodo, che dagli storici milanesi è detto dei Borromei. — Carlo e Federico Borromeo, a parte il posto che occupano nei fasti della Chiesa, tengono in posto onorevolissimo nella storia civile di Milano e sono le due figure più spiccate che essa ci presenta durante la dominazione spagnuola, dalla metà del secolo XVI al principio del XVIII.
Ad essi il rinnovamento, il restauro, la conservazione di molti edifizi — specialmente sacri — ai quali si collegavano gli affetti e le tradizioni di un passato migliore; ad essi 1 incremento dato àgli studi (per quanto facendone, monopolio di corporazioni religiose), di cui i reggitori spaglinoli erano incuranti; ad essi il risollevauiento del morale, e del carattere cittadino, con atti di eroica, sublime abnegazione durante le due terribili pestilenze che nel 1576, al tempo di San Carlo, e nel 1630 — quella descritta da Manzoni nei Promessi Sposi — al tempo del cardinale Federigo, desolarono lugubremente Milano, e nelle uon meno terribili carestie, che a quei flagelli, accompagnati da continui passaggi di truppe devastatrici e sacclieggiatrici — i Lanzichenecchi — facevano inevitabile seguito.
Intorno ai Borromei si strinse una pleiade gloriosa d'artisti, come il Pellegrini, il Bassi, il Meda, il Seregni, il Riechini, l'Alessi, il Solaio, il Della Porta, il Mangone, il Buonvieino, il Cerano, il Rusconi, il Campi, i Procaccini, il Morazzone ed infine Daniele Crespi, della cui gloria parlano gli affreschi della Certosa di Garignano. — Per quanto si possa giudicare, sotto certi riguardi, esagerato l'ascetismo che dominava negli atti di San Carlo, è però da riconoscersi un fatto: che, in un periodo di generale prostrazione al padrone straniero, egli fu solo a star ritto ed affrontarlo: noti essendo i conflitti frequenti che egli ebbe colle autorità civili, coi governatori e perfino collo stesso Governo di Madrid. Meno asceta, ma non meno filantropo di San Carlo, fu il cugino suo, il cardinale Federigo, che lasciò, massimo e glorioso monumento del suo secolo in Milano, la Biblioteca Ambrosiana, da lui letteralmente creata. — I monumenti della Milano spaglinola si riassumono pressoché iu quelli ai quali è in un modo e nell'altro legato il nome dei Borromei: per la maggior parte monumenti d'arte sacra, ne abbiamo già parlato iu apposito capitolo: ciucili d'arte profana, come il palazzo Marino, il palazzo di Brera, la Biblioteca Ambrosiana, il Collegio Elvetico o Senato, il palazzo Cusani, il Litta ed altri privati troveranno posto nel seguente capitolo della Milano moderna, essendo ancor vivo ed utile il loro ufficio anche al presente. Del periodo spagnuolo o dei Borromei sono pure alcuni monumenti barocchi di santi e colonne, che si vedono tuttavia ritti in vari punti della città, come la statua di San Calo-cero al ponte di porta Romana, l'altra di San Nazaro nella piazza omonima, la colonna di San Celso, la colonna del Verziere — diventata poi monumento del valore milanese,