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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Milano
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1894, pagine 547

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   l'arte Seconda — Alla Italia
   Nella prima discesa Barbarossa si accontentò di devastare le terre del Milanese, di assediare ed ardere Tortona pei Milanesi, parteggiale e di togliere a questi il diritto di zecca, dei dazi e della giurisdizione. Ma appena partito l'imperatore, Milano alla riscossa riprende i suoi diritti, rialza le mura della fida Tortona e guerreggia con Novara, Vigevano, Pavia e Cremona, e quante altre città avevano tenuto per l'imperatore.
   Seconda discesa dell'imperatore con maggiore esercito e codazzo di principi e grandi feudatari, a cui poi si uniscono le milizie di tutte le città lombarde, invide di Milano o tementi della sua accresciuta potenza. Milano sola si appresta al grave conflitto e resiste all'assedio; ma poi, vinta dalla fame e dalle malattie, per interposizione del conte di Biandratci signore ben visto dall'imperatore, ottenne pace a condizioni 11011 indecorose : tra cui, quelle di giurare fedeltà all'imperatore, erigergli un palazzo, pagargli una somma e sottomettere alla sua approvazione i consoli eletti (UGO).
   Lieto di questo risultato Barbarossa raduna la famosa Dieta di Roncaglia, con giureconsulti fatti venir da Bologna onde statuire i diritti dell'Impero, ch'era quanto d'ire infrenare la libertà dei Comuni, mettendo a reggerli un magistrato di sua elezione e per giunta anche di sua nazione. I Milanesi rifiutarono di sottomettersi alle decisioni della Dieta di Roncaglia, e quando vennero i commissari dell'imperatore a pendere in nome suo possesso del magistrato, li cacciarono a furia di popolo al grido di \ fora, fora, mora, mora!— Subito Barbarossa prese le armi contro Milano; assediò ferocemente Crema sua alleata, poi piombò su Milano minacciandone lo sterminio. E tenne in parte la parola. Poiché non potendo la città resistere causa d'un incendio, che a tradimento o per disgrazia aveva distrutti i magazzini delle provvigioni, dovette domandare patti. Ma Federico non volle patteggiare, ordinò l'uscita generale dei cittadini, che divise in quattro borghi vicini di Noceto, Yigentino, Cazzarla, San Siro alla Vepra: poi abbandonò la deserta città alla furia della sua soldatesca ed a quella delle città italiane che lo avevano aiutato nella impresa.
   L'eccidio, il disastro fu grave, ma non quell'ecatombe che ci rappresentarono i cronisti del tempo terrorizzati, e gli storici poco guardinghi del periodo successivo, colle loro amplificazioni
   Debellata Milano una grande verità si affacciò davanti a tutti gli altri Comuni, che più o meno avevano parteggiato per l'imperatore: si sentirono cioè senza difesa, totalmente all'arbitrio suo e della sua soldataglia tedesca; ma noi nessi nei diritti, nelle loro interne libertà per l'applicazione forzosa delle risoluzioni di Roncaglia. Fu allora che con slancio incomparabile, ravveduti del grave errore politico commesso consentendo alia rovina di Milano, pensarono di ripararvi.
   Già il caso di Milano aveva commosso dovunque gli ànimi equi e generosi, ed i .Milanesi, raminganti di città in città, raccontando la sventura della lor patria caduta nella difesa della libertà e del diritto, suscitavano infinita simpatia. Facili e pronti furono dunque gli accordi. 11 primo aflìatamento avvenne il 7 agosto 11G7 nel convento dì Pontìda tenuto dai Benedettini, fra i deputati di Milano, Bergamo, Cremona, Brescia, Mantova, Ferrara e della Marca Veronese, « stanca d'essere — come disse benissimo il Cantu — l'avamposto dei Tedeschi in Italia » e là, deposti gli odii e i precedenti rancori, giurarono sul Vangelo la Lega Lombarda con questo patto: « Ci difenderemo gli uni gli altri da ogni danno ed ingiuria; ci compenseremo a vicenda dei danni che patissimo a difesa delle libertà; non soffriremo che esercito tedesco scenda in Lombardia ; ricupereremo i diritti che possedevamo al tempo di Arrigo III ».
   La notizia di questo pronto accordo è accolta festevolmente da quasi tutte le altre città lombarde, dell'Emilia e del Veneto: e fu una gara generosa per far parte della lega,la quale in breve comprese: Milano, Cremona, Lodi, Bergamo, Ferrara, Brescia, Mantova, Verona, Vicenza, Padova, Treviso, Venezia, Bologna, Ravenna, Bobbio, Binimi, Modena, Roggio, Parma, Piacenza, Tortona. Vercelli. Novara. Il papa Alessandro III