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l'arte Seconda — Alta Italia
restaurati ed ampliate. Notizie certe però non se ne hanno se non col testamento dell'arcivescovo Aiiberto, del 1034, nel qua! documento sarebbe chiamato Monasterium Sanctac Dei gcnitrixis Murine, quod dicitur Maggioke, facendosi dagli eruditi rimarcare in quest' ultima parola (Ma
Fu ricostruito sullo scorcio del secolo XV sui disegni di Gian Giacomo Dolcebuono, discepolo del Bramante, e con larghe oblazioni di cittadini — e dicesi anche della contessa Maria di Challant, cui fioco appresso spettava tragica fine alla vita condotta tutta tra le vive passioni di quel secolo, ambizione, odio ed amore. La facciata è tutta in pietra bianca di Ornavasso, alla quale il tempo diede una simpatica pattina bronzea.
Essa risponde con molta semplicità ed eleganza ai precetti dell'arte bramantesca. Né la struttura interna tradisce i precetti medesimi. Consta di una sola navata, formata inferiormente da una ricorrenza di arcale doriche, nelle quali s'aprono quattro cappelle per parte; superiormenle s'apre la galleria dalla quale, senz'esserviste, le monache di clausura assistevano alle funzioni. L'altare maggiore è appoggiato ad una parete di tramezzo, che va fino alla corda e che divideva la chiesa in due sezioni: la maggiore, colle otto cappelle aperte anche al pubblico ; la minore, con due cappelle per lato, riservate alle monache.
Le pareti di questa chiesa, già pregevole per l'architettura, portano un tesoro d'arte e meritano la qualifica die loro diede uno storico, di « vera galleria della scuola lombarda ». Non v'è angolo della chiesa che non sia dipinto, e, quel che monta, non v'è. dipinto che non sia opera pregevole. La vòlta e i putii sui pennacchi degli archi sono di Callisto Piazza, lodigiano, che ài-pinse anche la seconda cappella destinata al mausoleo di Franco Bernardino Simonetta, vescovo di Perugia.
La terza cappella a destra, entrando, è interamente dipinta da Bernardino Luini a spese di Francesco Besozzi, notaio milanese, morto nel 1529. Il ritratto dell'oblatore è nella figura iti ginocchio pregante Santa Caterina. Le altre parti della cappella rappi esentano scene della vita e del martirio di Santa («aterina; nella figura della Santa, che biancovestita sta per essere decollata, secondo i! Bandelle, contemporaneo ai fatti, Luini ritrasse la contessa di Challant, o Celiati), come allora i cronisti scrivevano. Del Lumi, di questo vero caposcuola dei pittori lombardi, sono pure mirabili pitture negli scomparti del tramezzo, in onore di Giovanili ed Alessandro Bentivoglio già signori di Bologna e fratelli di Ippolita Sforza, benefattori della chiesa. La vigorosità del disegno, la forza del colorito, la nobiltà delle attitudini, l'espressione viva dei volti, fa distinguere di
primo acchito i dipinti del Luini da quelli degli altri pittori che lavorarono in questa chiesa, e che. pure furono dei migliori nella scuola lombarda come, l'Antonio l'ampi, il Suardi detto Braniàiitino, il Lmnazzo, il Gnocchi, Aurelio e Gian Pietro Luini ed altri.
Nella sezione riservata alle monache, che Bernardino Luini volle riservarsi esclusivamente, ò tutta una gloria di stupende pitture di questo grande, artista che alla idealità dell'arte sapeva fondere in giusta misura il sentimento umano del vero; è una serie di veri capilavori rappresentanti la Passione di Cristo insieme ad altri suggelli sacri a figure staccate, taluna delle quali di una bellezza e d una forza lionardesca.
Bellissimo ed in istile perfetto col tempio ò il coro, disegnato molto probabilmente dallo stesso Dolcebuono : ottimamente conservato nella sobrietà ed eleganza dei suoi intagli.
Nel chiostro o cortile del Monastero Maggiore sono visibili due torri, l una quadrata, che si ritiene facente parte del giro delle mura di Massimiano Erculeo, l'altra, di quelle aggiuntevi da Ansperto.
S. Ilaria dei Miracoli (figg. 30-31). — Vicino all'antichissima chiesa di San Celso — datante dai primi secoli del Cristianesimo, della quale di antico non rimangono, se non l'abside, alcuni capitelli e qualche altro frammento—sul corso omonimo, conducente a porta Ludovica, è la chiesa di S. Maria dei Miracoli (per la sua posizione detta appunto presso San Celso) che tiene un posto considerevole nella storia dell'architettura sacra in Lombardia. Sorge sul posto ili una chiesuola, edificata nel 1420 da Filippo Maria Visconti per onorare una immagine della Madonna alla quale attribuivansi virtù miracolose. Non bastando alla ressa dei fedeli la primitiva angusta chiesuola, si pensò di erigerne una nuova, più grande.
I lavori cominciarono nel 1401 sotto la direzione del Dolcebuono con un breve interregno sostenuto dal Gobbo Solaro, al quale il Vasari attribuiva il bel vestibolo o Ntirlex che precede il tempio. La facciata fu condotta per due terzi dal Dolcebuono e dai suoi continuatori, immediati ni corretto stile bramantesco: Galeazzo Alessi, chiamato a completarla sullo scorcio del secolo XVI, vi pose quel fastigio riboccante d'ornati che la rende pesante. La facciata è adorna di inarmi e di buone sculture.
L'interno primamente ideato ad una sola navata, fu poi modificato con due navate minori giranti dietro il coro, innesto fatto con tant'arte è buon gusto da lasciar l'illusione d'esser sortito d'un sol getto dalla mente dell'artista.
L'interno di questa chiesa è ricchissimo per dorature, marini, scolture : altari e. dipinti fra i quali se ne ammirano del Procaccini, del Campi, di Paris lardone e d'altri. Antonio Appiani, nel 1707, dipinse intorno alla cupola le lunette ed