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Parte Seconda — Alta Italia
cesellalo ed istoriato a sbalzo da Andrea Pelli/,-zone, sostenuti riasnino da quattro cariatidi in bronzo, modellate dal Brambilla e fuse da Giambattista Busca. Sono di effetto vaghissimo, poiché spiccano con una intonazione calda, lumi uosa nella tenue luce ambiente.
Più sopra di altri gradini, havvi il coro ecclesiastico, col trono arcivescovile, e di là si apre dietro l'altare maggiore il coro di cinqnaiiladiie stalli, a treordini, del capitolo maggiore o metropolitano con buonissimi intagli del 500 e del tiOO ai postergali, rappresentanti fasli della Vi® di Sant'Ambrogio e, d'altri santi più specialmente prediletti dalla Chiesa milanese.
Il Pellegrini, infaticabile, disegnò anche 1 altare maggiore, nel ([naie, sotto 1111 tempietto di bronzo, piuttosto barocco, sta il magnifico tabernacolo donato da papa Pio IV alla patria ratte-drale, e lavoralo in Roma dai fratelli Aurelio, Gerolamo e Ludovico del Solare, lombardi ha
l'orma d'arca turrita ed è in argento dorato.
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botto ali aitar maggiore ed al coro è la cripta di San Carlo, 0 scinolo — come di consueto la chiamano i Lombardi — alla quale dà luce 1111 gi'and'occhio ottagonale, aperto nel pavimento della navata maggiore, proprio sotto alla cupola e circondato da una balaustra in bronzo fuso.
Tale cripta, costrutta dal Pellegrini, e nella quale è sepolto San Carlo Borromeo, e un buon pezzo di architettura barocca,, sebbene rimodernala nel IH 17 dal Pestagalli. E ornata sulla vOlta da lastre ovali d'argento, lavorale a sbalzo, insigne lavoro d'oreficeria del secolo XVII, donate, alcune dall'arcivescovo Lilia, altre dalla famiglia Borromeo. La cornice è sostenuta da otto cariatidi pure d'argento, donate dal cardinal Q,urini, vescovo di Brescia II corpo del santo è chiuso 111 una cassa del peso di 1000 micie d'argento, ad ornati d'oro massiccio ed incastrata di gemine, di pietre dure e di pezzi di cristallo di rocca; fu dono di Filippo IV re di Spagna, del 1038.
Nella sagrestia, entro stipi con bellissimi lavori d'intarsio e di intaglio, si custodisce il tesoro metropolitano, del quale una parte nella line del secolo scorso passò alla zecca per essere comuni t.ilu in moneta.
Fra gli oggetti di maggior pregio, artistico e storico (die ancora si conservi,no sono sei dittici consolari in avorio del IV, del V e del VI secolo, 1111 secchiello d'avorio tutto ad intagli, fatto preparare dall'arcivescovo Gotofredo per l'incoronazione di Ottone li nel 918; 1111 evangelistario sii pergamena, ricchissimo d'oro e di gemme, con un crocefisso d'oro in rilievo da una parte ed .'iletine ligure piane, e dall'altra l'arcivescovo Ariherlo da Canili, 0 meglio ancora da inliiniano (1018-1015) — il famoso e battagliero vescovo, inventore del Carroccio, la cui tomba, collo storico crocefisso, dopo la demolizione della chiesa di àin Dionigi, fu collocata nella navata destra del
Duomo, presso la porta — dal (piale fn donato. Lo si usa nei solenni pontificali Dello stesso periodo è pure un calice stupendamente cesellato, che. potrebbe dirsi opera di tempo assai posteriore se non ne fosse autenticala l'origine.
Lavoro ili pregio inestimabile, per la .miniera con cui si è trattato il cesello, è la l'ae.e famosa, d'oro, donata da papa Pio IV — lavoro, vuoisi, del Caradosso (Ambrogio Foppa)— con due colonne di lapislazzulì, mia croce a tredici diamanti e vari cammei antichi E sbalzala 111 mezzo rilievo, rappresenta Cristo morto vi grembo ai In madre, con altre quattro figure intorno: sotto havvi il profeta Giona rigettato dalla balena.
Tra gli arazzi posseduti dal Duomo ve 11 ha uno disegnato da Baflaello. Sonvi inoltre nel tesoro del Duomo, due grandi statue in argento, con ornati, cesellature in oro, gemme e diamanti, di Sant'Ambrogio e di San Carlo Borromeo, donale, l una dalla città, nel 108, lavoro di venti orefici sotto la direzione dello Scarpoletti, l'altra dalla Corporazione degli orafi milanesi. Molti sono poi i reliqnari, i busti d'argento, gli ostensori, i calici, gli anelli, le patere, le croci pettorali, 1 fermagli, le mitre, le ferule, le brocche, le sottocoppe, i candelieri, ilei quali sei grandissimi, in argento puro, del peso di oneic 5181 : le croci capitolari, di cui una pesante 310 oncie con venti gemme, ed un'altra regalata dal cardinale arcivescovo Federigo Borromeo, 111 1111 coi candelieri anzidetti del peso di oncie 25-11. Numerose. pure le lampade 111 argento, cesellale e lavorate a sbalzo, i vasi, ed infine notevole è il paliotto.regalalo nel 1835 da monsignor Taverna, toh», in argento, pesante 5000 oncie, disagila ili Francesco Porcili, rappresentante 1 Momenti della Passione di Cristo, smontabile per 1000 \iti dal telaio principale.
Nel braccio meridionale, presso il monniuenlo di Gian Giacomo De Medici, si trova la porta di accesso alla scala che conduce alla pai le superiore del Duomo, ed alla guglia maggiore (fig. 13).
Comode rampe, con 158 gradini, portano dal pianterreno al tetto dell'edilizio, lastricato .11 marmo bianco, e sboccando sul quale il visitatore 11011 può trattenere un grido d'ammirazione per l'effetto strano ed insieme sorprendere clic, prova nel trovarsi in mezzo a quella selva di guglie, di archi raiupanli, di statue, di graziose smerlature, ili fregi, d'ornati d'ogni natura, messi dappertutto anche dove meno si potrebbe sospettare. Da questo primo ripiano si sale per una scala, ora interna ed ora esterna, nel titano appiedi della guglia, donde la vista della mole marmorea e della sotto-stanlecitlàcouiinciaa farsi imponente. Si ascende alla guglia maggiore per ima scala a chiocciola, di 328 gradini, girante neH'inlenio della guglia stessa, con ima balaustra di marmo, tutta a sfori ed .1 bellissimi ornati. La guglia, come già abbiamo detto, ò lavoro dell', itti li tetto Francesco
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