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Parie Seconda Alla Ilalia
milanesi del basso tempo, aggiunge per suo conto, che sopra ciascuna porta era nientedimeno che mi palazzo.
La cerchia delle mura romane,restaurata e rimaneggiata da Ansperto, fu dunque quella contro la quale si sfogò, due secoli dopo, tutta l'ira di Federigo ISarbarossa, che, per quanto grave, 11011 si spinse, come esagerando nelle leggende impressionanti del tempo, si è scritto da molti, e si va scrivendo ed insegnando ancora, fino all'esecuzione del proposito fatto di arare il suolo su cui sorgeva Milano e di seminarvi sopi ti il sale.
Lu certo una terribile prova quella che dovette subire Milano soccombente di fronte al sire tedesco, abbandonata al furore delle sue soldatesche ed alla rabbiosa vendetta dei Lodigiani, dei Pavesi, dei Comaschi a quello alleati; ina 11011 fu sì grave come l'eccidio d'Uraja, che tenne la città prostrata, quasi morta, per cinque secoli, se questa pochi anni dopo, non solo risorgeva indomita ed in grado di capitanare la riscossa dei Comuni lombardi contro lo stesso Barbarossa, ma ben anche nella condizione di poter ampliare considerevolmente la propria cerchia,portandola dal giro delle ninni di Massimiano Erculeo e di Ansperto, rotte dal ISarbarossa, alla periferia della fossa, che segnò embrionalmente il percorso del Naviglio interno. Non eressero però, i Milanesi, intorno alla fossa che delimitava la nuova e più ampia cerchia della loro città un giro di mura propriamente detto: nè forse, contro la. loro volontà, poterono farlo, per la forte spesa che tale opera avrebbe importato, gravati come erano di già dalle spese d'una guerra tenuta accanitamente viva contro l'imperatore e le vicine città nemiche. Si limitarono ad erigere al di qua del fosso, onde contornare la città, mio spalto di terra, o terrapieno, che dissero Ter raggio: nome rimasto ancor vivo nella lingua popolare e nella nomenclatura delle strade, indicante tuttavia alcuni tratti della strada che dalla, parte interna borda il Naviglio.
Soltanto Azzone Visconti nel 1J375 pensò di sostituire al Terraggio una cinta di mura, ed impiegò nella costruzione di questa, avanzi d'antichità e materiale preso dalle demolite mura di Massimiano.
Fin dal secolo XI Milano cominciò ad essere divisa in sei porte, aventi ciascuna un ingresso corrispondente in Broletto — sede del magistrato comunale — un capi tano ed uno stemma proprio, cioè la ììenza (Orientale, poi Venezia), il leone rampante nero in campo bianco — della quale vuoisi sia pur simbolo il leone di pietra che è sulla colonna davanti a San Ballila - la Nuora, il color bianco e nero quadripartito; la Romana, drappo interamente vermiglio; la Ticinese, uno scanno o sgabello rosso in camiti bianco; la Ooniasina lo scaccato bianco e rosso; la Vercellina il bazano, rosso sopra e bianco sotto. Tali imprese veggonsi ancora nello stendardo famoso di Sant'Ambrogio. A queste porte aggiungevansi, come fu già detto nella topografia milanese, le l'asterie, di cui si rammentano ancora: la pusterla delle Azze al ponte Vetero, quella di Borgonuovo, di Monforte, della Tosa, di Santo Stefano, del Bottonuto, di Sant'Eufemia, di San Lazzaro, di Sant'Ambrogio, del Guercio d'Algiso a Brera, e della Fabbrica, alla Vetra. Negli scavi praticati indie vicinanze ili queste porte, specie quando le si demolirono o si rimossero, si trovarono frammenti, lapidi, colonne ed altri monumenti importantissimi ad illustrazione dell'archeologia locale.
L'ultima e speriamo definitiva poiché ormai è finito il tempo nel quale si cingevano le città di niuraglioni — cinta di mura citò toccò a Milano, l'attuale cinta dei bastioni, è dovuta alla dominazione spaglinola, e specialmente a don Ferrante Gonzaga principe di Moffetta e duca d'Ariano, governatore del ducato di Milano per conto del re ili Spagna Filippo li.
Tenendo gli Spaglinoli il ducato di Milano come paese di conquista e temendo le sorprese degli Suzzeri e dei Francesi, pensarono di munire Milano dima bastionata tale, che difticilniente, coi mezzi guerreschi d'allora, la si sarebbe potuta stringere in