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Parte Prima — Al taf Italia
stendesi la pianura piemontese e porzione della lombarda e sorgono i colli vignati dell'Alto e Basso Monferrato.
Pigliando le mosse dal monte Penna, la prima vetta che si delinea sull'orizzonte è il monte Settepani (1391 rn.), che indica la direzione d'Albenga; seguono il Min-dino (1879 m.), il Mongioie (2631 m.) e il Mondolè (2382 m.), dall'alto del quale si ha una veduta stupenda della costa ligure. Fra il Mindino e il Mondolè apresi la valle di Corsaglia, rinomata per la grotta di Bossèa in quel di Mondovì. Più lungi schiu-donsi le valli dell'Ellero e del Pesio, dominate a destra, e quasi a picco sulla pianura, dalla punta acuta del monte Costa Rossa (detto anche Besimanda) (2404 ni.), il quale nasconde allo sguardo il colle di Tenda. Scorgonsi quindi le prime vette nevose delle Alpi Marittime, fra cui torreggiano il monte Clapier (3046 m.), il monte Argenterà (3297 ni.), la cima dei Gelassi (3135 m.), e il monte Matto (3087 m.) ai quali mettono capo le valli di Vermenagna, del Gesso e della Stura che sboccano tutte tre a Cuneo.
Dal monte Matto al monte Viso la cresta si delinea con una seguenza d'ondulazioni dalle quali non istaccasi alcuna sommità importante, ma pigliano origine vai Grana, vai Maira, vai Varaita e la valle del Po.
Il monte Viso (3843 m.), per la sua giacitura, altezza ragguardevole e dominante, forma svelta ed elegante, è la montagna più nota e frequentata dell'alta valle del Po. Sorge alla sua destra il Visolotto (3353 m.), che gli rassomiglia intieramente per la forma, e quindi una breve crina terminante nei monti Meidassa (3105 metri) e Granerò (3170 in.). A sinistra del Meidassa scorgesi una depressione e il colle della Traversette; e, se si volge lo sguardo in quella direzione, si vede la città di Pinerolo allo sbocco delle valli del Pellice e del Chisone.
Partendo dal monte Granerò, la cresta si abbassa sensibilmente e sopra di essa staccansi il picco Paravas (2929 m.), il bric Boucier (2998 ni.) e in una diramazione a nord-est il Gournour (2868 m.), bella punta di forma triangolare. Dal Boucier la cresta s'innalza e si compone di una quantità di vette, confuse e poco importanti, sino alla Rognosa di Sestrières (3279 in.), a cui tengono dietro il Becco dell'Aquila (2826 m.), il monte Albergian (3040 ni.), nella valle del Chisone e quindi il gruppo sminuzzato del Rocciavrò (2778 in.) che domina la valle del Sangone. Dietro il massiccio dell'Albergian, situato da questo lato della frontiera, trovasi il colle di Mongi-nevra. Dopo il Rocciavrò, appiè del quale vedesi la città di Rivoli col suo castello grandioso, rannodata a Torino da lungo viale e dalla ferrata, si apre il bacino superbo della Comba o valle di Susa, in fondo alla quale s'innalza il massiccio della rocca d'Ambin, vale a dire, quella porzione della giogaia alpina compresa fra il tunnel del Fréjus e il colle del monte Genisio. Se ne staccano la cima Vallonet (3191 m.), la punta Sommeiller, o monte Balme (3321 ni.), la punta Ferrant o monte Niblè (3364 ni.), la rocca d'Ambin (3377 ni.), i tre denti d'Ambili o guglie di Savine (3343 ni.), la cima di Bard (3150 ni.) e la punta Clairy (3165 metri).
Allo sbocco della valle di Susa si vede, a sinistra, il monte Pirchiriano, sul quale s'alza la badia di San Michele della Chiusa, il quale, col monte Caprasio, o rocca della Sella clic trovasi a destra, forma quello strozzamento della valle famoso nel medioevo sotto il nome di Clusae Longobardorum; codesta gola, contrastata parecchie volte tra Francesi e Longobardi, fu finalmente sforzata da Carlo Magno nel 773. La depressione formata dal colle del Moncenisio è signoreggiata, a sinistra, dalla