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La Famiglia dell'Antiquario

Carlo Goldoni
Edizioni Principato, , pagine

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Atto ter/,»
   109
   Ans. Bene, bene, farà. Vado a dirlo a mia moglie.
   (va da Isabella Pan. Vardè cossa che ghe voi a unir ste do donne! Cav. Voi l'avete ridotta a fare un bel passo, (a Pantalone Già. Lodo la vostra prudenza. (a Pantalone
   Dot. (dall'appartamento d'Isabella) Signor Pantalone, dite pure a vostra figlia che non s incomodi altrimenti. Pan. Perchè ?
   Dot. Perchè la signora Contessa dice così, che essendo dama, non si deve muovere dalla sedia per venire a riceverla.
   Cav. Ora vado io a dirlo alla signora Doralice.
   (va da Doralice Pan. Vardè che catarri, vardè che freddure ! 1 Già. Anderò io da mia madre, e vedrò di persuaderla. Pan. Sì, caro fio, fè sto ben.
   Già. Mia madre a me non dirà di no. (va da Isabella Pan. E a vu, mo la ve par una bella cossa ? (al Dottore Dot. La pretenzione non è stravagante. Pan. Mia fia non la gh'ha tante pretenzion. Cav. (dall'appartamento di Doralice) Dice la Signora Doralice, che non è dama, ma ha portato ventimila scudi di dote, e non vuol essere strapazzata. Dot. Vado subito a dirlo alla signora Contessa. Pan. Vegnì qua, fermeve. Dot. Viene o non viene?2
   Dor. (sulla porta; la contessa Isabella dal suo appartamento) Signor no, non vengo. Dite alla vecchia, che se vuol, venga lei.
   1 catarri, pretensioni; freddure, spiritosaggini. s To' il vecchio Dottore prende fuoco anche lui, e parla con aria di comando : Viene o non viene ?