Atto ter/,»
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Cav. Attendetemi, che ora vengo. (va da Doralice Dot. È plenipotenziario anch'egli, come son io. Pan. (esce dalla porta di mezzo) Sior Dottor, la riverisco (incamminandosi verso l'appartamento di 'Doralice D o t. Dove, sior Pantalone ? Pan. Da mia fia.
Dot. Ora si tratta l'aggiustamento fra lei e la suocera. Pan. E chi lo tratta sto aggiustamento ? Dot. Per la sua parte il Cavaliere del Bosco. Pan. Come gh' intrelo sto sior Cavalier ? Cav. (ritorna dall'appartamento di Doralice) L'aggiustamento è fatto. Pan. Sì ? come, cara eia ? Dot. Signor Conte, 1' aggiustamento è fatto. Ans. (esce dalla porta di mezzo) Ne godo, ne godo; e
come? •
Cav. La signora Doralice si contenta di trecento scudi l'anno.
Dot. E la signora contessa Isabella glie li accorda. Pan. Xela matta mia fia? Adesso mo.
(va da Doralice, poi torna Ans. E spiritata mia moglie? Ora mi sentirà.
(va da Isabella
Cav. Questi vecchi vogliono guastare il nostro maneggio. (al Dottore 1
1 Con l'entrata di Pantalone in iscena scoppia il ridicolo sulla gravità diplomatica dei due cavalieri serventi. Egli vien fermato alla porta come un disturbatore e gli si legge in volto il disappunto, che prende un tono canzonatorio nelle parole : E chi lo tratta ? — e più quando sente che la pacificazione è fatta : — Sì ? come, cara eia ? — Il Conte, al contrario, ascolta la novità con gioia, come se si liberasse da un gran peso : — Ne godo, ne godo. Lo stupore del volto canzonatorio di Pantalone non è minore del dispetto con cui i due seri plenipotenziari accolgono come intrusi i due capi di casa : — Questi vecchi vogliono guastare il nostro maneggio.