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La famiglia dell' antiquario
ingerire punto, nè poco ; o eh' io voglio la mia dote e tornarmene in casa di mio padre.
Cav. Troveremo qualche temperamento.
Dor. Sì, via, trovate de' mezzi termini, de' buoni temperamenti ; ma ricordatevi che non voglio restare al di sotto una punta di spilla, (va nel suo appartamento
Cav. Oh, questo è un grande imbarazzo ! Ma ecco il Dottore. Sentiamo che cosa dice della contessa Isabella.
Dot. (esce dalV appartamento d'Isabella) Signor Cavaliere, ha parlato colla signora Doralice?
Cav. Signor sì, ho parlato ed ho la facoltà di trattare.
Dot. Io pure ho 1' istessa facoltà da quest' altra.
Cav. Dunque trattiamo. Vi faccio a prima giunta un progetto alternativo. 0 la signora Doralice vuol esser anche ella 1 padrona in questa casa, o vuole la sua dote e se n' anderà con suo padre.
Dot. Rispondo per la signora Contessa. Se vuole andare, se ne vada ; ma prima s' ha da levare la dote della suocera e poi quella della nuora.
Cav. Facciamo così : che la signora Isabella dia il maneggio alla nuora di quattrocento scudi 1' anno, e penserà ella alle spese per sè e per la cameriera.
Dot. Con licenza, ora torno, (va da Isabella,poi torna
Cav. Non può risolvere. Anch' egli ha lo stesso arbitrio che ho io. Questa sarebbe la meglio. Ognun pensar per sè.
D o t. (il dottore ritorna dall' appartamento d'Isabella) Quattrocento scudi non si possono accordare. Se ne accorderanno trecento.
1 ' Anch'ella „ è un'aggiunta del paciere; Doralice aveva detto che voleva esser la sola padrona. Si osservi il carattere delle due donne, che, diffidenti per natura, concedono e tolgono i pieni poteri, riserbando per sè l'ultima parola.