Atto ter/,»
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SCENA IV. Pantalone, Arlecchino e detto.
Pan. Vegnì qua, sior, non ve vergognò, no ve tirè indrio, 1 confessò a sior Conte la bella vendita che sh'avè fatto, e chi ve l'ha fatta far. ( conducendo per
mano Arlecchino
Ari. Siori, ve domando perdon... Ans. (Questi è l'Armeno) Siete voi l'armeno? /\rl. Sior sì; sono un Armeno da Bergamo. Ans. Come?
Pan. Chi v'ha introdotto in sta casa? (ad Arlecchino Parlò.
Ari. Brighella. (sempre timoroso
Pan. A cossa far?
Ari. A vender le strazze al sior antiquario. Pan. Sentela, patron? (ad Anselmo
Ans. Come stracci? Il lume eterno... Ari. L'è una luce da oggio che vai do .soldi. Ans. Oimè! Non è il lume eterno trovato nelle piramidi d'Egitto ? Ari. Stara, stara, e mi cuccara.
Ans. Ah son tradito, sono assassinato ! Ladro, infame, anderai prigione.
fisionomia dei tre personaggi una piacevole festività : più comico di tutti il Conte, che passa a poco a poco dalla incosciente allegra spavalderia alla incredulità dispettosa e infine all' aperto risentimento, prima in difesa di Brighella e poi di se stesso : Mi maraviglio..., non sono uno sciocco. L'imbroglione non sarebbe dunque Brighella, ma Pancrazio ! Così è fallita la prima prova di Pantalone; anzi il ' non mi lascio gabbare „ del Conte è conclusione tanto più comica quanto più inaspettata.
Scena IV. — ' indietro.
N Vaccalluzzo -Goldoni, La famiglia dell'antiquario
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