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La famiglia dell' antiquario
Pane. Le vedrò volentieri. Vossignoria sa ch'io ne ho cognizioni.
Ans. È vero; voi siete il più pratico e il più intendente antiquario di Palermo.1 Date un'occhiata a quelle casse e vedete se son piene di piccoli tesoretti.
Pane. Con sua licenza. (va a vedere nelle casse
Ans. Caro signor Pantalone, compatite se vi ho piantato, quando eravamo in camera colle due pazze. Moriva di voglia di veder queste belle cose.
Pan. Sior Conte, possibile che alla so casa 110 la ghe voggia pensar gnente ?
Ans. Se ci penso? E come! Ditemi, come è andata la
> cosa ? 2 Come si è terminato il congresso?
Pan. Ghe dirò; dopo che la xe andata via eia...
Ans. Ebbene, signor Pancrazio, che dite ? Sono cose stupende, cose rare, non più vedute ?
Pan. ( Vardè come el m'ascolta!)
Pane. Signor Conte, mi permette ch'io parli con libertà?
Ans. Sì, elite liberamente il vostro parere.
Pane. Prima di tutto, crede ella ch'io sia un uomo di onore ?
Ans. Vi tengo per un uomo illibatissimo, come siete e come decanta tutta Palermo.
Pane. Crede ch'io abbia cognizione di queste cose ?
Ans. Dopo di me, non vi è nessuno meglio di voi.
1 La scena della commedia è immaginata a Palermo; mi sebbene un fanatico collezionista come il conte Terrazzani sia possibile da per tutto, così a Palermo come a Venezia, pure qui ambiente, colorito, linguaggio, tutto è veneziano. Ma a Venezia v'eran delle classi e dalle istituzioni intangibili — nihil de Principe parum de Deo ! — ; ed era perciò prudente finger l'azione lontano.
2 Tutto preso nella soddisfazione di se stesso, quasi chiuso nel suo lettino da campo della Galleria, il Conte fa sorridere con quel : Se ci penso ? E come ! — e poi con la domanda da estraneo : Come è andata la cosa ?