Atto ter/,»
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an. La senta, ghe xe sior Pancrazio, quel famoso antiquario. ( di dentro
a s Oh ! venga, venga, è padrone. Capperi ! Ha saputo che ho fatto questa bella spesa, e subito corre.
SCENA III. Pantalone, Pancrazio e detto.
Pan. Caro sior Conte, la sa che ghe son bon amigo.
Ans. Compatitemi, ero imbarazzato. Signor Pancrazio, che fortuna è la mia che siate venuto a favorirmi ?
Pane. Ho saputo che vossignoria ha fatto una bella compra di antichità, e son venuto, se mi permette, a vedere le sue belle cose.
Pan. L'ho mena mi, sior Conte, l'ho menà mi, perchè anca mi ho savesto 1 che l'ha fatto una bella spesa. (Credo che l'abbia buttà i bezzi in canal, e poi esser che me riessa d'illuminarlo).
Ans. Sentite, signor Pancrazio, ora posso dire che in questa città niuno possa arrivare alla mia galleria. Ho delle cose preziose.
Scena II. — Eccolo nel suo regno : la ' galleria d'un monarca „ ! Ora ch'è solo, con le casse de' suoi fossili, il Conte raggiunge il più alto grado di comicità. La sua megalomania qui si manifesta in forme paradossali, col solito suo tono spassoso, il suo fare grandioso, come di chi debba esplorare una città morta, o scoprire e sistemare un nuovo mondo : un monarca dell' Antiquaria ! Con un tono sobrio ma possente il Goldoni in questo tratto fa del goffo maniaco un personaggio eroicomico di prim'ordine.
Il riso scoppia appena si sente alla porta — dopo le parole non voglio nessuno, non voglio nessuno „ — la solita voce insinuante e rispettosa di Pantalone : Se poi vegnir ?
Scena III. — 1 ho saputo.