Atto secondo
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Pan. (La glie dica qualcossa. Wemo pulito). 1 (piano al * [Conte
Ans. (Orsù giacché ci siamo, bisogna fare uno sforzo). Contessa mia, vi ho fatto qui venire per un affar d'importanza; in poche parole mi sbrigo. In casa mia voglio la pace. Se qualche cosa è passata fra voi e vostra nuora, s'ha da obliare il tutto. Voglio che ora vi pacifichiate, e che alla mia presenza torniate come il primo giorno che Doralice è venuta in casa. Avete inteso? Voglio che si faccia così. (alterato 3
Isa. Voglio?
Ans. Signora sì, voglio. Ouesta parola la dico una volta l'anno; ma quando la dico la sostengo. (come sopra
Isa. E volete dunque...
Ans. Quello ch'io voglio l'avete inteso. Non vi è bisogno di repliche.
Isa. Io dubito sia diventato pazzo: non ha mai più parlato così.
Ans. (Che dite? Mi sono portato bene?) (a Pantalone
Pan. (benissimo).
Ans. (Ho fatto una fatica terribile).
Scena XVIII. — 1 facciamo bene.
2 Si badi a questa didiscalia. II Conte deve recitare una parte che è contro la sua natura, la parte del capo di casa, del marito energico ecc. ; e crede che l'energia consista nel gridar forte e nel ripetere più volte la parola voglio. E' il carattere degli uomini deboli, i quali una volta tanto gridano e comandano, ma troppo a freddo, fuori tempo o fuori tono; e perciò riescono comici. Infatti per quanto si faccia serio in faccia, il conte Anselmo mai appare tanto comico come in questa falsa situazione; specie quando si volta verso Pantalone per essere applaudito della parte che ha recitato. Scena viva, rapida, buffa; perchè il primo a rider di sè
è il Conte stesso.