Atto secondo 83
Credi tu che sia un mammalucco ? A mi ti me dà da intender sti fandonie ? Furbazzo, te farò andar in galìa. 1
Ari. Ah signor, per amor del cielo, ghe domand pietà.
Pan. Chi t'ha introdotto in sta casa?
Ari. L' è sta Brighella, signor.
Pan. Come, Brighella ?
Ari. Sior sì, avem spartì l'altra volta metà per un.
Pan. Donca Brighella sassina el so patron?
Ari. El fa anca lu, come che fan tanti alter.
Pan. Orsù vegnì cou mi. (Voggio co sto mezzo disingannar sto sior Conte). Vegnì con mi.
Ari. Dove ?
Pan. Non ve dubitè. Vegnì con mi, e no abbiè paura.
Ari. Abbia carità de un pover omo.
Pan. Meriteressi de andar in preson ; ma non so capace de farlo. Me basta che disè a sior Conte quel che avè dito a mi, e non vói altro.
Ari. Sior sì, dirè tutt quel che voli.
Pan. Andemo.
Ari. Son qua. (Tolì, 2 anca a robar ghe voi grazia e ghe voi fortuna). (s'incammina
Pan. Femo sta pase, e po' con costù farò veder al Conte che tutti lo burla, che tutti lo sassina. (partono
1 galera.
2 guarda là... — Ma la riflessione è spiritosa, perchè qualche volta anche Arlecchino ha dello spirito.
Arlecchino ' antiquario „ è il colmo del ridicolo; e naturalmente le sue antichità sono in proporzione della sua balordaggine, una pantofola di Nerone e la treccia di Lucrezia. C'è un bel progresso dal Pescennio al Lume eterno e al codice greco ! Arlecchino in questa scena breve ma lepidissima si mantiene nella linea del suo carattere tradizionale, sciocco e pauroso.