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La Famiglia dell'Antiquario

Carlo Goldoni
Edizioni Principato, , pagine

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Atto secondo
   73
   Pan. Ma no l'è gnatica so decoro, voler comparire un
   omo de stucco. 1 Ans. Che cosa volete ch'io faccia?
   Pan. Avemo de procurar che ste do creature se unissa. Avemo de far che le se parla, che le se giustifica, che le se pacifica, e xe ben che la ghe sia anca eia. Ans. Via, vi sarò.
   Pan. Bisogna metter qualche bona parola. Ans. La mettterò.
   Pan. Ho parla anca alla siora Contessa, e l'ha ma promesso de vegnir in camera d' udienza, dove ghe sarà anca mia fia. Ans. Buono, avete fatto assai.
   Pan. Saremo nualtri soli ; eia, mi, so consorte, mia fia
   e mio zenero. Ans. E non altri? Pan. Non gh'ha da esser altri. Ans. Sarà difficile. Pan. Perchè? Chi gh'ha da esser? Ans. Le donne hanno sempre i loro consiglieri, Pan. Mia fia non credo che la gh'abbia nissun. Ans. Eh, l'avrà, l'avrà. Pan. Siora Contessa lo gh'ala ? Ans. Oh, se l'ha! E come!2 Pan. E eia lo comporta? Ans. Io abbado alle mie medaglie. Pan. Mio zenero non farà cusì. Ans. Ognun dal canto suo cura si prenda. 3
   1 La frase è crudamente ortensi va ; ma il Conte lascia correre
   nella sua sublime inconsideratezza ; egli vive nel mondo della Inna « non si meraviglia di niente.
   3 Ne ha due ; e il Conte ci sciala.
   * Nella sua stolida allegria canticchia, perchè questo è nn verso.