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La Famiglia dell'Antiquario

Carlo Goldoni
Edizioni Principato, , pagine

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   La famiglia dell' antiquario
   SCENA XIX. Pantalone, poi Doralice.
   Pan. Cussi el me ascolta ? A so tempo ne parleremo.
   Ma vien mia fia ; bisogna regolarse con prudenza. Dor. Caro signor padre, venite molto poco a vedermi. Pan. Cara fia ; savè che gh' ho i miei interessi. E po
   no vegno tanto spesso, per no sentir petegolezzi. Dor. Quello che vi ho scritto in quel biglietto, 1 è
   pur troppo la verità. Pan. Mo za, vualtre donne disè sempre la verità. Dor. Dopo ch'io sono in questa casa, non ho avuto
   un' ora di bene. Pan. Vostro mario come ve tràttelo? Dor. Di lui non mi posso dolere. È buono, mi vuol
   bene, e non mi dà mai un disgusto. Pan. Cossa voleu de più? No ve basta? Dor. Mia suocera non mi può vedere. Pan. Andè colle buone; procurò de segondarla, dissimulò qualcosa ; fè finta de no saver ; fè finta de no sentir. Col tempo anca eia la ve vorrà ben.
   in forte rilievo. Pantalone in questa Casa di gioconda o di irritante spensieratezza porta sùbito un proposito serio, un' intenzione decisa. Il Conte gli va incontro da prima con la solita giocondità maniaca, ma via via che il volto di P. si fa serio e risoluto, il suo si annuvola e s'impazientisce. Sentiamo che son di fronte non due uomini, ma due caratteri, i due veri protagonisti della commedia, che in sè rappresentano anche due classi : il patriziato nella degenerazione d'un collezionista maniaco, e la borghesia nella forza morale d'nn mercante equilibrato e di buon senso, che dice con pacata fermezza — ' ghe remedierò mi „ — e che la nobiltà del lavoro onesto mette ' alla pari „ con qualsiasi altra nobiltà.
   Scena XIX — 1 S'intende che P. è venuto, perchè chiamato dalla figlia.