- 321 —
fìl d'acqua canta sommessamente tra i sassi| incoronato di felci e ciuffi di capelvenere| nò ride solamente ai pettirossi la cara pace dei borri! Doro non indugiò molto a trovare il fatto suo| e si fermò. Era stanco; un lastrone inclinato a fianco d'un fossatello pareva invitarlo al riposo. Sdraiato su quel sasso| stette a guardarsi dintorno| come se vedesse una gran maraviglia di cose. La scena non era muta : due uccellini del buon Dio svolazzavano tra i frassini ; si rincorrevano di ramo in ramo ; saltellavano sull' erba dei prati| scendevano all' acqua| la passavano a volo| tornavano indietro capricciosi e contenti| facendo a rimpiattino| a' barberi| e sopra tutto all'amore.
— Beati loro ! — mormorò il giovinotto. — Come han dato buon assetto alla vita| senza tante diseguaglianze sociali| senza tante cerimonie| senza tanti fastidii ! —
Ma infine| perchè questi paragoni? Neppur egli aveva ragione di lagnarsi| se ripensava il dialogo di quella mattina. Come era stato bello| quel dialogo ! come era dolce ripensarlo tutto| dal principio alla fine| dal momento in cui egli era stato colto in flagranti nel parco| fino al punto in cui ella aveva preso il suo braccio per ritornare al castello ! Quella conversazione| egli l'aveva raccontata più volte| nello spazio di mezza giornata| Barbili. La Castellana. 21