— 297 -
mescoḷ le sue tinte| le fuse in giuste proporzioni| e subito| con furia d'artista ohe sa il fatto suo| si pose a lavorar di pennello. Il conte di Salverana non era più là ad aiutarlo| ṇ a sovvenirlo dei suoi consigli : disceso dal ponte| era andato a sedersi sopra uno sgabello| presso la parete di rimpetto| restando là immobile e muto| colle gambe aocavaloiate| un gomito appuntato sulle ginocchia e il mento appoggiato nella palma della mano.
Pensava| il conte Cesare| pensava e guardava davanti a ṣ| vedendo la figura di Ester crescere via via nella collocazione del colore ed anche trasformarsi un pochino da quella ohe era disegnata sul cartone e che dianzi era stata riportata sull'intonaco. In un profilo| per verità| basta una cosa da nulla| un lievissimo cambiamento nella linea della fronte o del naso| nella arcata dell' occhio o nella piega del labbro| per mutarvi l'aspetto e l'espressione. E cosi una bella ebreina che aveva innamorato un re della Persia antica| andava di tocco in tocco mutando i connotati e prendendo somiglianza con una certa faccia di bella cristiana moderna.
— Che cosa fate? — gli disse il conte| rizzando ad un tratto la testa. — Voi cambiate qualche cosa nel tipo.
— Oh| una oosa da nulla; — rispose Doro|