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sentiva gli sguardi del signor Doro| che la involgevano tutta.
Queste cose| non meditate ma sentite| rendevano la contessa Flaminia stranamente nervosa. La bella castellana| di solito cosi schietta e serena| così faoile al buon umore che accompagna una tranquilla coscienza e una buona salute| era diventata ombrosa e fantastica| scontenta di sè| scontenta di tutti. Marga| la fida cameriera| la oompagna delle sue passeggiate| non riconosceva più la sua cara padrona | dopo due giorni di quella vita così diseguale.
— Signora contessa| — aveva osato dirle il terzo giorno| — vuol confidarmi i suoi dispiaceri ?
— Non ho dispiaceri; — aveva risposto Flaminia; — e ti prego di non chiamarmi oontessa.
— 0 come ? se la è 1
— Sì| tanto pocol Del resto| sono vanità e scioccherie.
— Valgono anche quelle| signora.
— Vuoi esserla tu ? Ti cedo il mio titolo.
— Senza i denari? Allora è troppo poco| ne oonvengo ancor io.
— Lascia correre anche i denari. Non ne hai tanto bisogno. Tu almeno sposerai chi ti piacerà| senza che oi abbiano da entrare le ragioni del vile interesse.
— Eh no| signora ; — rispose Marga| ridendo.