- 120 -
— Ventisei anni| signora| ed ho già avuto tempo a perdere molte illusioni. Per altro| il lavoro mi piace| ed io so contentarmi. —
Quella conversazione che tirava sempre in ballo > il signor Doro Beltrami| aggirandosi così volentieri intorno ai suoi fatti modesti e ai suoi più modesti pensieri| dava alla marchesa Barbara una noia da non si dire. Molte volte ella tentò di sviare il discorso| facendo brillare il suo conte. Il suo conte brillava| ma poi si spegneva| come tutte le cose che brillano ; e alle imprese del principale seguivano le gesta del garzone. Veramente| quella borghesuccia della sua nipote non aveva sale in zucca. Si era proprio là radunati| in una signorile compagnia| per far parlare un oscuro personaggio| un pittorello di cui non si conosceva nulla| uno che era stato mozzo| e che alla fine d' ogni portata dimenticava sempre di lasciar la forchetta coricata nel suo piatto? Perchè la marchesa aveva notato anche questo ; ed altre piccole violazioni del galateo di tavola le sarebbero saltate agli occhi| se tra lei e il signor Beltrami non ci fosse stato 1' ostacolo d'un gran vaso bislungo di porcellana e di bronzo dorato| col suo solito trionfo di fiori. Come Dio volle| quel pranzo finì; la oontessa Flaminia diede alla sua nobile parente un'occhiata d'intelligenza| e tutt'e due si alzarono da tavola| per andare in salotto.