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vola| e lo tenne per tutta la serata| sebbene egli| facendo a biliardo la solita partita di palline che si giuoca per compiacere alle dame| lavorasse destramente da sbercia per farla guadagnare| non solo quando aveva per compagna Flaminia| ma ancora e più quando ella andava da sola.
Intorno alle dieci si lasciò di giuocare| per prendere il tè. La serata era bella| limpido il cielo| l'aria tiepida| e il servitore aveva aperte le finestre del salone| perchè la signora contessa| secondo 1' uso| innanzi di ritirarsi nelle sue camere| potesse respirare la fragranza delle sue rose. Ma la contessa era rimasta dentro| ancora trattenuta a chiacchiera da Lucio Sormani| e sul terrazzino andò sola a ricevere i raggi dell'amica luna la marchesa Barbara| donna alle sue ore romantica.
— Povero conte! — esclamò ella ad un tratto.
Che cosa dici? — domandò Flaminia| lasciando di conversare col suo ospite| davanti al tavolino del tè. — Gli è occorso qualche cosa di spiacevole?
— No| — rispose quell'altra; — vedo il lume laggiù| nella torre della Guardia| e dico: povero conte! Egli passa le sue serate studiando.
— E ciò gli fa onore| — disse Flaminia. — Ma presto andrà a dormire anche lui| dovendo alzarsi per tempo. Questo è 1' uso per tutti| in