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dell'ite più di recente. Presso ad esse giaceva una copia rifrusta e polverosa dell'Ariosto ch'egli all'errò e lesse avidamente, nè gli fu possibile rinvergare altro libro.
Cosi trascorsero le ore. Lungo tempo dopo la mezzanotte il ferito prese a gemere dolorosamente nel sonno, dando irrequieto le volte e protendendole braccia. Nel mentre Teodoro rassettava il suo giaciglio scomposto e gli stendeva di bel nuovo addosso il copertoio , il ferito si svegliò e s' alzò a mezzo. Egli tastò intorno a sè come per cercare un'arma, e con voce risoluta, esclamò :
— Chi siete voi ?
— Un amico ! non mi riconoscete voi ? — rispose Teodoro.
— Voi mentite!.... Io non ho alcun a-mico !... — gridò il ferito tentando rizzarsi in piedi. Il dolor delle membra dilaniate dai cani lo fece rinsensare. Ei cadde a rifascio sul letto, si raccapezzò, e dopo essere rimasto alquanto in pensieri, con voce raumiliata, esclamò:
— SI, siete un amico...... vi riconosco
ora!____ Ma che cosa fate voi qui a quest'ora?... Perchè non ve ne siete andato a