[CAP. XI!.] L'OBBIETTIVO ACROMATICO. 341
mi ha messo in grado di produrre con buon successo invariabile la curva sferica, elittica, parabolica ed iperbolica ne'miei specchi. Lo studio dell'azione pratica degli specchi e delle lenti assorbì per tal guisa una gran parte del mio tempo avanzato durante gli ultimi due anni, e il lavoro eseguito è stato poco men difficile degli altri. Io considero assolutamente quest'ultimo anno (1882-83) come il periodo più laborioso della mia vita.
> Si osserverà ch'io ho discorso soltanto di que'rami di studio iu cui ho sottoposto alla prova pratica le •deduzioni dal ragionamento teorico. Ora sono impegnato nella teoria dell' obbiettivo acromatico rispetto al cromatismo sferico — soggetto intorno al quale credo tacciano tutti i nostri libri di testo, ma che è per altro d'importanza vitale per l'ottico. Io non posso però procedere se non adagio con esso, dovendo tagliare e figurare le lenti secondo ogni passo della teoria per mantenermi sulla via diritta; dacché il mero teorizzare fuorvia facilmente, se non è frenato dallo sperimentare continuo. Per questo soggetto particolare bisogna in prima tagliar le lenti in curve sferiche e quindi in curve di sezioni coniche sì da eliminare l'aberrazione sferica da ciascuna lente; sicché si capisce che questo soggetto non è privo di difficoltà.
> Or fa circa un mese (settembre 1S83) mi sono risoluto di porre alla prova l'asserzione di alcuni dei nostri teorici, che la superficie di un fluido roteante è una parabola od un' iperbole. Trovai per esperienza che non è nè l'una nè l'altra, ma un'approssimazione alla trattrice (modificazione della catenaria), se è una cosa definibile, come invero può accertarsi che lo sia, chi ci pensa su — essendo la trattrice la curva dell'ultimo sfregamento.
> In astronomia ho fatto realmente assai poco oltre il semplice trattamento algebrico dei teoremi fondamentali, ed un po'di osservazione casuale col tejesco-