312 ASTRONOMI 13 STUDIOSI D* UMIL CONDIZIONE. [CAP. XII.]
vanni Robertson. Smontai dal treno, e mi avviai dritto dritto verso di lui; vista una volta la fotografia non si poteva sbagliare. Fissammo un abboccamento, e la sera venne a trovarmi all' albergo, ove gli offrii da bere ; ma egli ricusò dicendomi : « Yi ringrazio, ciò mi fa sempre male. > Capii immediatamente che significasse quel ciò. Quindi m'invitò di andar da lui in Via Causewayend. Trovai una casetta pulita ed agiata, governata da una moglie evidentemente buona massaia. Ei mi condusse nel suo salottiuo, ove esaminai i suoi disegni delle macchie solari, fatti in colore sopra un' ampia scala. In tutti i suoi discorsi ei si mostrò perfettamente modesto e senza pretensioni. La sua storia è la seguente, e, per quanto mi è dato rammentare, son pur queste le sue proprie parole :
< Sì, io certamente trovo un gran gusto nell' astronomia, ma non ho fatto nulla per essa che sia degno di menzione. Merito appena di esser chiamato un giornaliero della scienza. Sono molto conosciuto da queste parti specialmente dai viaggiatori ; ma debbo confessare che il pubblico mi ha in assai maggior conto di quel che merito.
> Che Cosa mi ha fatto rivolger da principio l'attenzione all' astronomia ? Se posso attribuirlo ad una cosa più che ad un' altra, furono alcune letture serali del defunto dottor Dick, di Brougbty Ferry, agli operai delle officine di Craigs Bleachfield, presso Montrose, ove allora lavoravo, verso il 1848. Il dottor Dick era un eccellente parlatore, ed io stavo ad ascoltare con grande attenzione. I suoi ammaestramenti ci erano poi ribaditi dal signor Cooper, maestro della scuola serale che frequentavo. Dopo aver dato ai ragazzi che lavoravano nelle officine le lezioni di aritmetica, egli esciva fuori con noi la notte, ed era tardi per solito quando ci separavamo, e ci mostrava le costellazioni principali e i pianeti sopra l'orizzonte. Era uno spettacolo maraviglioso ; e nondimeno ei ci andava di-