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Inventori e industriali

Samuele Smiles (versione di Gustavo Strafforello)
Barbera Editore Firenze, 1885, pagine 372

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   GUGLIELMO MURDOCK.
   [CAP. V.]
   teva in movimento i telai dei manifatturieri della contea di Lanca. Meccanici speculativi incominciarono a considerare se esso non potesse essere adoperato quale mezzo di locomozione terrestre. Lo spirito comprensivo di sir Isacco Newton avea già da lungo, nella sua Spiegazione della Filosofìa Newtoniana, espresso l'idea di adoperare a tal fine il vapore; ma non fu fatto alcun pratico esperimento. Beniamino Franklin, mentre era agente in Londra delle Province Unite ci' America, ebbe un carteggio con Matteo Boulton di Birmingham e col dottor Darwin di Lichfield sul medesimo soggetto. Il Boulton inviò a Londra, per sottoporlo all'esame del Frauklin, un modello di una macchina a fuoco ; ma il Franklin era allora tanto assorto in gravi quistioni politiche che non gli fu possibile proseguire ulteriormente tal progetto. Lo spirito speculativo d' Erasmo Darwin s'infiammò all' idea di un carro di fuoco, e confortò il suo amico Boulton a dar mano alla costruzione della necessaria macchina a vapore.1
   Altre menti erano all' opera. A soli ventitré anni il Watt, ad istigazione del suo amico Robison, fece il modello di una locomotiva fornita di due cilindri di latta; ma il progetto fu posto in disparte e non fu più ripigliato dall' inventore. Per altro, nel suo brevetto del 1784, il Watt comprese un'invenzione mediante la quale la forza del vapore poteva essere adoperata per fini di locomozione. Ma non furon più fatti altri modelli della macchina.
   Frattanto, il Cugnot di Parigi aveva già costruito una macchina stradale spinta dalla forza del vapore. Fu messa primamente alla prova all'Arsenale nel 1760; e, posta in movimento, andò a dar di cozzo in un muro e lo atterrò. La macchina fu quindi pi-ovata per le vie di Parigi. In una delle esperienze si rove-
   1 Vedi Liva of Enginer» (Boulton o Watt), IV, pagg. 182-181. Piccola edizione, pagg. 130-132.