gfi GIOVANNI HAWilSO-JT. [CAP. IH.]
   Ma l'Harrison non aveva smarrito il suo spirito. Il 30 maggio del 1765 egli indirizzò un' altra rimostranza all'Ufficio di Longitudine adoperando un linguaggio più risentito del consueto. < Io non posso non pensare (diceva egli) di esser trattato estremamente male da persone da cui dovevo aspettarmi un trattamento ben diverso; dacché, se l'Atto 12° della regina Anna è manchevole, o perchè son io stato incoraggiato sì a lungo con esso per condurre a perfezione il mio trovato? E, dopo dì averlo compiuto, perchè fu il mio figliuolo inviato due volte alle Indie occidentali? Se quando ricevè 1' ultima istruzione, fosse stato detto a mio figlio : — Nel caso che riusciate si farà, al vostro ritorno, un nuovo Atto per imporvi nuove restrizioni alle quali non si pensò in quello della regina Anna, — se tale, dico, fosse stato il caso, io avrei potuto allora aspettarmi al trattamento che ora ricevo.
   > È d'uopo confessare che il mio caso è durissimo; ma io spero di essere il primo, e spero, per amor del mio paese, di esser l'ultimo a soffrire per aver posto fede in un Atto del Parlamento inglese. Se io avessi ricevuto la mia giusta ricompensa — giacché puossi certamente così chiamare dopo quarant' anni di indefessa applicazione dell' ingegno che Dio mi ha dato, — la mia invenzione avrebbe preso allora il corso che prendono tutti i perfezionamenti in questo mondo ; vale a dire, io avrei ammaestrato i lavorauti nei prin-cipii e nell' esecuzione di essa e sarei stato lietissimo dell' opportunità di ciò fare. Ma quanto diverso è ciò da quel eh' è ora proposto, vale a dire, eh' io abbia ad istruir gente che io non conosco, e che nulla può saper di meccanica; e, dove io non riesca ad istruirli, non dover aver nulla !
   > Dura sorte, in vero, per me, ma più dura per il mondo, che può rimaner privo di cotesta mia invenzione ; e così accadrà sicuramente, nonostante la mia schietta e libera maniera nel descrivere tutti i prin-