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Il Vagabondo delle Stelle

Jack London
Bietti Milano, 1946, pagine 311

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Lodbrog di levarmi, tutto nudo, fuori dalia pelle di lupo. Poi prendendomi per un piede, fra il suo pollice e il suo indice, che erano più grossi della mia coscia e della mia gamba, mi tenne sospeso per aria, ai morsi del vento.
   — Oh! oh! — esclamò. — Un pesciolino! un granchio! un vitellino di mare!
   E continuò a farmi dondolare, colla testa in basso, fra il pollice e l'indice.
   Dopo di che, gli venne in mente un'altra idea.
   — Il piccino ha sete! — disse. -— Voglio fargliene bere una sorsata!
   Mi portò sopra il vaso d'idromele e mi lasciò cadere. Io, che non avevo ancora conosciuto il latte del seno materno, sarei annegato in questo beverone per uomini. Fortunatamente, Lingaard si precipitò, mi tirò fuori dal vaso, poi mi rimise subito nella pelle di lupo.
   Tostig Lodbrog si arrabbiò. Ci respinse rudemente, il vecchio ed io, e ci mandò a rotolare sul ponte della nave. I suoi enormi cani, simili ad orsi, si lanciarono sopra di noi.
   — Oh! oh! oh- — tuonava Tostig.
   Ma Lingaard riuscì, non senza fatica, a strapparmi ai molossi, ai quali abbandonò la pelle di lupo.
   Tostig Lodbrog, frattanto, s'era rimesso a bere, e finiva il suo vaso d'idromele. A poco a poco si calmava, senza che il vecchio intervenisse, per invocare una pietà che sapeva impossibile.
   Tostig riprese :
   — Le donne danesi sono d'una razza ben miserabile Mettono al mondo dei nani, e non degli uomini! iChe cosa si potrà fare di questo aborto? Ad ogni modo, Lingaard, lo alleverai e, ptù tardi, mi servirà da coppiere. E sta bene attento ai cani, che non ne facciano una boccata, come d'un piccolo pezzo di carne dimenticato sulla tavola.