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Il Vagabondo delle Stelle

Jack London
Bietti Milano, 1946, pagine 311

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   224-4
   JACK LONDON
   ding, ignoravo tutto, della Corea e dei suoi abitanti, dei costumi e della vita che vi si svolge.
   — Oh, basta! — battè con un colpo secco e imperativo. — Taci, Morrell, e non intervenire fra me e il professore. Adamo Strang è l'effetto d'un sogno d'oppio. Tu hai letto in qualche parte, Standing, tutte queste storie. Ti ricordi, rispondi, di tutte le tue antiche letture? No, è vero?
   Protestai invano che non avevo letto niente sulla Corea, eccetto alcune corrispondenze di guerra, all'epoca del conflitto russo-giapponese.
   — Ecco! — esclamò trionfante Oppenheimer. — La Corea non t'è così sconosciuta come vorresti dare ad intendere. Confessalo!
   Mi fu impossibile convincere Oppenheimer. Sosteneva che io inventavo le mie avventure, e quando avevo finito, concludeva:
   — Grazie, per oggi! Il seguito al prossimo numero...
   E se insistevo, ripeteva, burlando, che, per l'ad-dietro, avevo dovuto frequentare, a San Francisco, i locali del quartiere cinese, dove si fuma l'oppio, e che m'era rimasto qualcosa nel sangue.
   Le nostre discussioni, su questo soggetto, erano continue ed interminabili.
   — Dimmi dunque, professore, — battè un giorno Oppenheimer, — tu pretendi d'aver giocato agli scacchi con un balordo che era fratello dell'imperatore. Puoi dirmi se quegli scacchi erano simili a quelli di cui ci si serve in America, e se le partite sono diverse dalle nostre?
   Risposi che, su questo punto, i miei ricordi erano vaghi e non potevo affermar nulla di sicuro. Oppenheimer, naturalmente, si burlò di me.
   Ho detto che, in realtà, i miei vagabondaggi attraverso il tempo si confondevano fra loro e che, spesso, i diversi personaggi che reincarnavo inver